La coalizione è un contenitore politico con speranze, strategie militari e interessi economici. Da Lavrov una proposta per l’Ucraina
E mentre ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, aprendo la Ukraine Recovery Conference di Roma davanti a un pubblico internazionale e al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha dichiarato che «l’Italia può essere protagonista nella ricostruzione», da Londra, il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron hanno annunciato la nascita del quartier generale permanente della «Coalizione dei Volenterosi», che sarà ospitato a Parigi.
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L’iniziativa, lanciata dai due leader, intende coordinare una presenza militare congiunta, al momento solo sulla carta, da dispiegare in Ucraina nelle ore successive a un’eventuale tregua con Mosca. «Abbiamo messo a punto un piano che è pronto a diventare operativo già poche ore dopo un cessate il fuoco», ha detto il Gallo dell’Eliseo.
Più prudente l’inquilino di Downing Street: «I piani sono pronti, ma riguardano una prospettiva di lungo termine». Il progetto, formalmente difensivo, presenta elementi non trascurabili di ambiguità. Parlare oggi di forze militari da inviare sul campo «dopo la pace» sembra un ossimoro, almeno finché una pace concreta rimane lontana e in assenza di segnali chiari da parte di Mosca. Il rischio è che la presenza armata de facto anticipata possa rappresentare una provocazione, o peggio, una futura escalation.
Starmer e Macron, in collegamento dalla base Nato di Northwood, hanno insistito sull’importanza di «intensificare le pressioni su Vladimir Putin» per costringerlo al tavolo negoziale. Ma a ben vedere, più che un appello alla diplomazia, le loro parole sembrano indicare una strategia di logoramento, una sorta di pax armata fondata sulla minaccia costante. «Sostenere l’Ucraina non è solo la cosa giusta da fare, è essenziale per la sicurezza in patria», ha ribadito il leader laburista britannico, mostrando come le scelte atlantiche siano ancora profondamente influenzate da considerazioni interne, più che da una visione comune per il futuro dell’Europa orientale.
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Anche Meloni ha insistito sulla linea della deterrenza. «La pace si costruisce non con i buoni propositi, ma con la deterrenza», ha dichiarato al termine del bilaterale con Zelensky. In un passaggio, ha affermato: «Per ricostruire una nazione martoriata dalla guerra non bastano soldi, ingegneri e architetti. C’è bisogno di qualcosa di più, e quel qualcosa è l’amor di patria».
A latere della conferenza, il premier ha avuto colloqui anche con l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il generale Keith Kellogg, a capo della delegazione statunitense alla conferenza. «Sono soddisfatta che per la prima volta anche gli Stati Uniti partecipino a questo formato», ha detto Meloni, sottolineando come «quanto facciamo noi europei e quanto fa Trump sia complementare per costruire una pace giusta e duratura». Meloni ha anche insistito sull’unità della cosiddetta «famiglia europea»: «Non siamo perfetti, ma capiamo quanto sia importante trovare un buon modo per agire. Dobbiamo riflettere su ciò che possiamo fare per rafforzare la pressione. È questo che ci unisce».
Il concetto di «Volenterosi», nel frattempo, si è trasformato in un contenitore politico in cui si mescolano desideri di pace, strategie militari e interessi economici.
Dall’altra parte del mondo, a Kuala Lumpur, in Malesia, il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha descritto come «franca» e «importante» la sua seconda conversazione diretta con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. L’incontro, durato 50 minuti, si è svolto a margine del Forum regionale annuale dell’associazione delle nazioni del Sudest asiatico. Durante il colloquio tra i due, Rubio avrebbe espresso la frustrazione degli Stati Uniti (e, soprattutto, di Trump) per la mancanza di maggiore flessibilità da parte della Russia nel cercare una soluzione al conflitto in Ucraina.
A questo proposito, Lavrov gli avrebbe illustrato una «nuova idea». Il capo della diplomazia russa ha confermato l’impegno reciproco a «ripristinare la cooperazione economica e umanitaria russo-americana e i contatti senza ostacoli tra le società dei due Paesi, che potrebbero essere facilitati, in particolare, dalla ripresa dei collegamenti aerei diretti».
Intanto, l’Ucraina resta aggrappata a una narrazione di resistenza che l’Ovest continua a nutrire con parole forti, pacche sulle spalle e miliardi promessi. Ma la ricostruzione, quella vera, resta un’incognita. E se davvero ci sarà un «miracolo economico», come Meloni auspica, sarà da vedere chi ne raccoglierà i frutti e chi ne pagherà il prezzo.