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Fiano: “Il ddl sull’antisemitismo non è stato capito. L’editore neofascista? Non ho chiesto censure”

L’ex deputato del Pd Emanuele Fiano interviene sulla polemica che ha spaccato il Partito Democratico, relativa alla presentazione di ddl sull’antisemitismo da parte di Graziano Delrio

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«C’è una grandissima incomprensione del testo Delrio, che si discosta molto dai testi proposti a destra per la lotta all’antisemitismo». Al caso politico del ritiro di alcune firme dal ddl Delrio sul contrasto all’antisemitismo, si aggiunge il caso intellettuale, con un gruppo di scrittori ebrei che condannano la norma, rea, a loro dire, di impedire le critiche a Israele. Emanuele Fiano, ex deputato Pd, vive sotto scorta proprio per minacce partite dal web, quelle che il ddl Delrio vorrebbe arginare.


Quando parla di incomprensione del testo si riferisce a chi ha chiesto il ritiro delle firme, quindi alla segretaria Schlein?


«Non so dove nasca l’incomprensione. Oggi (ieri, ndr) Boccia, capogruppo del Pd al Senato, ha fatto una dichiarazione per dire quanto il Pd sia impegnato nella lotta all’antisemitismo. Di questo sono certo».

Quindi qual è la preoccupazione rispetto a questo disegno di legge?

«E’ una preoccupazione che nasce molto più a sinistra del Pd e che si è riverberata anche sul Pd, ed è la preoccupazione per cui Delrio voglia perseguire coloro che criticano lo Stato di Israele. Ma non è così».

E lei personalmente ritiene che le critiche allo Stato di Israele siano antisemitismo?

«Non lo penso e non è la posizione dell’associazione che presiedo, “Sinistra per Israele. Due popoli due Stati”. Io sono stato audito in Senato sui due testi presentati dalla Lega e da Fi, che fanno riferimento alla definizione dell’antisemitismo dell’IHRA, talmente banale che vorrei conoscere qualcuno che non la condivide. Poi ci sono dieci esemplificazioni, che all’epoca il governo Conte 2 non approvò, perché alcune di queste collegano in modo automatico le critiche a Israele all’antisemitismo; questo nella mente dei critici».

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Quindi all’epoca fu approvata la definizione ma non le esemplificazioni?

«Sì, perché una di queste classifica come antisemitismo l’equiparazione della politica israeliana a quella nazista».

E il testo di Delrio?

«Delrio, al contrario degli altri proponenti, tra cui Gasparri, cita quell’approvazione, quindi soltanto quella definizione di antisemitismo».

C’è comunque chi lamenta che sia una legge troppo penalizzante.

«Non lo è, perché non istituisce nuovi reati. E’ una legge di miglioramento dell’efficienza per prevenire il rischio di antisemitismo. Parla ad esempio di controllo nell’attività universitaria».

Oltre che nelle università, il testo mette paletti alle piattaforme online per contrastare la diffusione di contenuti antisemiti. Non rischiano di essere misure inutili?

«Io sono sotto scorta da 16 anni per minacce antisemite di morte, la maggior parte delle quali ricevute via web. Parliamo di un fenomeno poco conosciuto ai più, in un Paese in cui per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale una sopravvissuta ai lager come Liliana Segre vive sotto scorta e riceve decine di minacce ogni settimana. Quindi il tema esiste. Poi le leggi sono migliorabili in Parlamento, ma non è certo questo che ha scatenato la polemica».


I contenuti d’odio sul web rischiano però di moltiplicarsi nonostante i divieti.


«Sono una sentinella. Sul web circolano contenuti d’odio la cui vedetta è il linguaggio. Il problema è che non siamo “sovrani” sul web, abbiamo pochissimo potere, se non quello di denunciare e segnalare. Ma il problema è a monte».

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Cioè?


«Sicuramente l’antisemitismo è riemerso con la vicenda mediorientale. Ma cosa stiamo facendo in concreto per impedire che questa malapianta continui a crescere?»

Il Pd si è spaccato anche sulle posizioni di Francesca Albanese e sul conferimento della cittadinanza onoraria. Sembra che a sinistra esistano due anime tra loro inconciliabili.


«Io descrivo la mia situazione negli ultimi due anni come quella di uno tra l’incudine e il martello. Da un lato ho una mia appartenenza storica e familiare al mondo ebraico, alle comunità ebraiche, un legame affettivo con Israele, e quindi sono tra l’incudine di un mondo che mi dice che criticando Israele favorisco l’antisemitismo».


E il martello?


«E’ quello di chi dice l’esatto contrario, cioè che non si può più avere nessuna remora nel criticare lo Stato d’Israele. Ma qualsiasi visione manichea, da qualsiasi parte venga, è inadatta all’epoca che viviamo, perché è l’epoca più complessa dal secondo dopoguerra in avanti. E’ un mondo senza più una guida comune, senza un’agenzia a cui fare riferimento, come era l’Onu. In questo fazzoletto di terra che è lo Stato di Israele e i territori occupati su cui dovrebbe nascere lo Stato palestinese si concentra molta dell’energia che divide il mondo».


Si riferisce all’incontro-scontro dei tre monoteismi?


«Non solo. Sicuramente è il punto d’incontro tra il mondo islamico e quello di matrice ebraico-cristiana, ma anche tra la direttrice atlantica e quella russo-cinese, tra l’Asia e l’Occidente. Oltre alla radice dell’appartenenza ebraica negli ultimi duemila anni all’Europa. Non c’è niente di semplice in quella terra, dove si scontrano due diritti, non un diritto ee un torto: questa è l’idea che mi piacerebbe fosse compiutamente accolta a sinistra».


Lei è stato il primo a denunciare la presenza di Passaggio al bosco alla fiera di Roma. Si aspettava che il caso si gonfiasse fino a questo punto?


«Diciamo che ho avuto una settimana piuttosto pesante… Preciso però che io non ho mai detto che quell’editore non dovesse prendere parte alla fiera. Ho fatto un post domandandomi se fosse giusto invitarli. Non sapevo però che la fiera non si basa su inviti ma su richieste di partecipazione. Ho poi suggerito al Comune di Roma di verificare l’opportunità del proprio patrocinio».


E in effetti il Comune ha fatto un passo indietro non partecipando all’inaugurazione. Come valuta le prese di posizione su questo tema?


«La risposta migliore è stata quella di Zerocalcare e Augias, che non sono andati. Io ho comprato alcuni testi di questa casa editrice: sono testi apologetici. Non tutti, ma molti».


Non ha avuto condanne per apologia di fascismo.


«E’ vero, ma abbiamo tante leggi che la vietano. Se un magistrato avesse voglia, potrebbe ben ragionare su quei libri. In ogni caso, il mio interesse era quello di porre il tema e credo di averlo fatto. Dopo di che rispetto le opinioni diverse dalla mia, comprese quelle di quei libertari dicono che in democrazia non devono esserci divieti. Ma noi viviamo in un ordinamento che prevede dei reati, alcuni dei quali approvati all’unanimità».

Recentemente ci siamo occupati di un libro di Pierluigi Battista su Tullio Terni, professore ebreo perseguitato durante il fascismo e discriminato dopo la sua caduta.

«C’è quel caso e c’è il caso di Aldo Finzi, sottosegretario all’interno di Mussolini, accusato di essere il responsabile logistico dell’omicidio Matteotti, che poi rinnegò il fascismo e fu deportato e ucciso ad Auschwitz. Sono episodi significativi e molto attuali. Di Battista apprezzai molto anche il libro sul padre fascista, che mi stimolò a scrivere il libro su mio padre, sopravvissuto ad Auschwitz e che presentai proprio insieme a Battista»

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