Home / Notizie / Ex Ilva, tensioni a corteo: polizia usa lacrimogeni. Salis: «Risposta subito»

Ex Ilva, tensioni a corteo: polizia usa lacrimogeni. Salis: «Risposta subito»

Quarto giorno di sciopero all’ex Ilva. La sindaca di Genova Salis avverte: «A rischio un pezzo d’industria italiana». Sindacati e lavoratori chiedono allo Stato di intervenire nella gara e garantire continuità produttiva


I manifestanti genovesi hanno staccato la grata metallica che la polizia ha messo a difesa della prefettura di Genova agganciando un cavo d’acciaio a uno dei grandi macchinari che vengono usati per spostare l’acciaio in fabbrica. La polizia ha risposto sparando alcuni lacrimogeni, Incendiati alcuni pneumatici. È il quarto giorno consecutivo di sciopero per i lavoratori ex Ilva e del comparto metalmeccanico a Genova.

Corteo imponente: blindati e strade chiuse a Genova

Davanti alla Prefettura sono arrivati oltre venti blindati della polizia mentre migliaia di lavoratori si sono radunati ai giardini Melis di Cornigliano per muovere verso il centro città. Chiuse al traffico via Roma e via San Giovanni d’Acri. Alla testa del corteo uno striscione: “Genova lotta per l’industria”.

Presenti in piazza operai di Ansaldo Energia, Piaggio Aerospace, Fincantieri e altre realtà della grande industria genovese. Gli operai ex Ilva hanno portato con sé quattro mezzi pesanti dello stabilimento.

La sindaca Silvia Salis, in corteo con i manifestanti, chiede risposte immediate:

“Se non c’è un piano del governo, cosa succederà ai nostri lavoratori ex Ilva? Cosa si produrrà a Genova? Stiamo svendendo un altro pezzo di industria italiana. Lo Stato deve impegnarsi a entrare nella gara: se andasse deserta, serve una statalizzazione transitoria per mantenere gli impianti attrattivi e in funzione”.

Salis critica le parole del ministro Urso: “Le risposte del ministro non sono state quelle che ci aspettavamo. Sono risposte momentanee. Noi dobbiamo sapere cosa accadrà se i privati non si presenteranno alla gara”.

“Domani a Roma: chiediamo un tavolo superiore”

La sindaca anticipa la missione nella capitale: “A Roma chiederemo non solo le 45mila tonnellate promesse per arrivare a febbraio, ma soprattutto che la vertenza passi a un tavolo di livello superiore. Servono risposte sul futuro: non possiamo accettare che la competizione diventi una guerra tra poveri tra Genova e Taranto”.

De Palma (Fiom): “Il governo fermi il piano di chiusura”

In piazza anche il segretario generale della Fiom-Cgil Michele De Palma, che attacca: “Chiediamo alla presidente del Consiglio di fermare il piano di chiusura di fatto degli impianti ex Ilva e di costituire una società pubblica, come previsto dal piano iniziale del governo”.

E aggiunge:

“Quella del ministro Urso non è una risposta: ieri ha detto bugie in Parlamento. Qui nessuno è confuso: i lavoratori chiedono solo di tornare a lavorare, ma non ci sono i soldi per far funzionare gli impianti. Il governo deve mettere le risorse”.

L’accusa dei sindacati: “Il piano è stato stravolto”

De Palma ricorda che il governo aveva presentato un piano con tre DRI e quattro forni elettrici, uno dei quali destinato a Genova, per garantire produzione, occupazione e decarbonizzazione. “Ora invece – accusa – è stato fermato tutto”.

Taranto: sciopero sospeso ma lotta aperta

A Taranto le segreterie Fim, Fiom, Uilm e Usb hanno deciso di sospendere momentaneamente lo sciopero indetto ad oltranza da martedì. Liberate nella notte la statale 106 e la statale 100. Le organizzazioni spiegano: “Sappiamo di aver creato disagio in una città già provata da anni di mancate risposte, ma la maggioranza non è contro i lavoratori. Il governo vuole chiudere gli impianti e questo è inaccettabile”. E concludono:

“Continueremo finché non arriverà una convocazione a Palazzo Chigi per ritirare il piano di chiusura”.

In linea con quella decisione, anche le Rsu dell’appalto Eni hanno sospeso momentaneamente lo sciopero.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

EDICOLA