Terzo giorno di presidi degli ex Ilva a Genova contro il piano del governo. Cortei, blocchi stradali e preparazione allo sciopero generale dei metalmeccanici. Forte pressione dei sindacati su Palazzo Chigi
Terzo giorno consecutivo di mobilitazione a Genova dei lavoratori ex Ilva contro il piano del governo che prevede una riduzione della produzione nello stabilimento di Cornigliano. Il presidio, iniziato all’ingresso dello stabilimento, è proseguito tutta la notte in piazza Savio, davanti alla stazione ferroviaria di Cornigliano, dove il traffico è rimasto bloccato in entrambe le direzioni.
Bloccata per ore anche via Guido Rossa in direzione del casello autostradale di Genova Aeroporto. Solo questa mattina gli operai hanno consentito un parziale alleggerimento, con la riapertura verso Levante della bretella.
Verso lo sciopero generale dei metalmeccanici
La città si prepara allo sciopero generale dei metalmeccanici, indetto da Fiom Cgil e Fim Cisl per domani mattina. Il corteo partirà dai giardini Melis, con la partecipazione dei mezzi pesanti, e raggiungerà la prefettura di Genova, dove è atteso un nuovo momento di protesta.
Le preoccupazioni su fondi, produzione e aiuti di Stato
Il governatore della Liguria Marco Bucci, al termine di una lunga telefonata con il commissario di Acciaierie d’Italia, Quaranta, ha spiegato ai lavoratori che la cifra necessaria per la fornitura dell’acciaio destinato alla zincatura «oscilla intorno ai 15 milioni». I fondi sarebbero disponibili, ma resta un nodo decisivo: la normativa europea vieta gli aiuti di Stato alle aziende in amministrazione straordinaria, complicando dunque l’intervento pubblico.
Sindacati: “Piano da ritirare subito”
La mobilitazione non riguarda solo Genova. Dalla Puglia, la segretaria generale Cgil Gigia Bucci e il segretario della Camera del Lavoro di Taranto Giovanni D’Arcangelo definiscono lo sciopero a oltranza dell’ex Ilva un «atto di dignità» e chiedono al governo un cambio immediato di rotta.
I sindacati denunciano un piano «senza garanzie» che rischia di portare alla chiusura degli impianti, con migliaia di posti di lavoro in pericolo, compresi quelli dell’indotto, dove già si registrano licenziamenti. «Serve un vero piano industriale, chiarezza sugli investitori e una strategia per salvare la siderurgia italiana», affermano.
Fiom: “Serve tavolo a Palazzo Chigi”
Il segretario generale Fiom Michele De Palma ribadisce l’appoggio alla protesta e chiede che la presidente del Consiglio convochi «un tavolo vero a Palazzo Chigi» per fermare quello che definisce «un piano di chiusura dell’ex Ilva». De Palma critica le convocazioni del ministro Urso con Regioni e autonomie locali, ritenendole insufficienti: «Serve un confronto con le organizzazioni sindacali per salvaguardare l’occupazione e il futuro della siderurgia».
A Taranto si intensifica la mobilitazione
Oltre al blocco della statale 100 Taranto-Bari, in atto da ieri, stamani lavoratori dell’ex Ilva e sindacalisti hanno attuato blocchi sulla statale 106 e nell’area imprese del siderurgico. Nelle ultime ore l’azienda dell’appalto Semat Sud ha annunciato la chiusura e 220 licenziamenti. Nella tarda serata di ieri al presidio è arrivato il sindaco di Taranto, Piero Bitetti. I sindacati gli hanno chiesto di non partecipare alla riunione del 5 dicembre al Mimit, contestando la scelta del ministro Adolfo Urso di convocare tavoli separati per i siti del Nord e del Sud. Le sigle sindacali chiedono invece un unico tavolo nazionale a Palazzo Chigi.











