Lula: «Siamo una nazione sovrana, non accetteremo interferenze o minacce»
Era solo questione di tempo prima che una delle innumerevoli lettere relative ai nuovi dazi spedite in questi giorni dal Presidente americano Donald Trump generasse un equivoco diplomatico. Così infatti è puntualmente avvenuto ieri mattina, quando il Presidente del Brasile Lula da Silva ha risposto duramente alla lettera pubblicata da Trump sui social, in cui il Presidente americano annunciava che al Brasile verrà imposta una tariffa del 50%.
«L’affermazione relativa a un deficit commerciale degli Stati Uniti nelle relazioni commerciali con il Brasile è inesatta», ha affermato Lula. «Le statistiche dello stesso governo statunitense mostrano un surplus di 410 miliardi di dollari nel commercio di beni e servizi con il Brasile negli ultimi 15 anni». Gli Stati Uniti, infatti, nel computo delle tariffe, e più in generale nell’intero approccio relativo ai dazi, parlano sempre e solo del deficit commerciale relativo ai beni, e mai di quello relativo ai servizi, che li vede invece in positivo con quasi tutti i Paesi del mondo. «Pertanto, qualsiasi aumento unilaterale delle tariffe sarà affrontato in conformità con la legge brasiliana sulla reciprocità economica. Sovranità, rispetto e difesa incrollabile degli interessi del popolo brasiliano sono i valori che guidano le nostre relazioni con il mondo».
Le differenze del caso brasiliano
Ci sono due elementi che distinguono la lettera inviata al Brasile dalle altre mandate sino ad ora, innanzitutto il livello della tariffa, del 50%, attualmente la più alta imposta nel “ciclo di lettere” iniziato questa settimana dal Presidente americano. La seconda è l’attacco frontale che Trump lancia non solo a Lula, ma all’intero apparato statale brasiliano. Il motivo è il supposto trattamento scorretto nei confronti dell’ex Presidente Jair Bolsonaro, attualmente a processo assieme ad altri 80 accoliti con le accuse di aver tentato un colpo di Stato e progettato l’assassinio del Presidente Lula e del giudice della Corte suprema brasiliana Alexandre de Moraes.
Trump ha affermato: «Ho conosciuto e avuto a che fare con l’ex Presidente Jair Bolsonaro e lo rispettavo molto, il modo in cui il Brasile ha trattato l’ex Presidente è una vergogna internazionale. Questo processo non dovrebbe avere luogo. È una caccia alle streghe che dovrebbe finire IMMEDIATAMENTE!». Trump continua l’attacco affermando che «anche a causa dei subdoli attacchi del Brasile alle libere elezioni e ai fondamentali diritti di libertà di parola degli americani (come recentemente illustrato dalla Corte Suprema brasiliana, che ha emesso centinaia di ordini di censura segreti e illegali alle piattaforme di social media statunitensi) a partire dal 1° agosto 2025, applicheremo al Brasile una tariffa del 50% su tutti i prodotti brasiliani inviati negli Stati Uniti».
La risposta di Brasilia
Un’ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano che il Presidente brasiliano ha rispedito al mittente con forza: «Il Brasile è una nazione sovrana con istituzioni indipendenti e non accetterà alcuna forma di supervisione esterna. I procedimenti giudiziari contro i responsabili della pianificazione del colpo di Stato rientrano esclusivamente nella giurisdizione del ramo giudiziario del Brasile e non sono soggetti ad alcuna interferenza o minaccia che possa compromettere l’indipendenza delle istituzioni nazionali».
Mentre sulle censure alle piattaforme digitali americane, in particolare X, Lula dice che «in Brasile, la libertà di espressione non deve essere confusa con l’aggressività o le pratiche violente. Tutte le aziende, nazionali o straniere, devono rispettare la legge brasiliana per poter operare sul nostro territorio».
Un’altra chiave di lettura per comprendere l’escalation daziaria iniziata dal Presidente americano è legata al ruolo del Brasile all’interno dei Brics. Lunedì 7 luglio, infatti, si è concluso l’annuale summit dei Paesi membri, ora diventati undici, che hanno messo al centro della propria agenda la creazione di un sistema di pagamenti in valute locali che permetta di fare a meno del dollaro americano, l’attuale valuta di riserva globale, creando così un’alternativa allo Swift, il sistema di pagamenti occidentale.
Trump ha promesso di imporre tariffe aggiuntive del 10% ai membri Brics, accusandoli di voler implementare politiche “anti-americane” e di volersi emancipare dal dollaro. Tariffe che, per il momento, non sembrano spaventare né il Brasile né gli altri Paesi Brics.