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Sinner-Djokovic, è semifinale. Cobolli combatte ma è fuori

Jannik Sinner

La polvere magica e azzurra sull’Aeltc è durata un paio d’ore. Indimenticabile passare dal Campo 1, con Sinner, al Centre court, con Cobolli

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Per un’oretta gli astri del tennis si sono allineati su Wimbledon parlando italiano. È successo tra le 18.30 e le 19.30 italiane: Sinner in semifinale dopo aver battuto in tre set Ben Shelton, vittoria niente affatto scontata anzi molto sofferta nonostante il risultato secco in tre set (7-6/6-4/6-4); sul Centre court Flavio Cobolli aveva strappato il primo set al “maestro” Nole Djokovic e dopo essersi perso nel secondo, stava lottando nel terzo. Insomma, in quel momento l’allineamento degli astri dava un derby italiano in semifinale a Wimbledon, il record dei record, la certezza di avere un azzurro in finale.

La polvere magica e azzurra sull’Aeltc è durata un paio d’ore. Per chiunque anche solo un po’ appassionato di tennis è stato esaltante e indimenticabile passare dal Campo 1, dove giocava Sinner, al Centre court, dove giocava Cobolli, distanza misurata 750 passi fatti col cuore in gola, un set su un campo, un set sull’altro, accompagnati dagli applausi in arrivo una volta di qua e una di là.

Poi Flavio Cobolli ha ceduto in quattro set (7-6/2-6/5-7/4-6) al giocatore che è sempre stato il suo mito e che alla fine lo ha ha riempito di complimenti. “Sarai su questo campo molto spesso e per molto tempo, complimenti Flavio, hai giocato molto bene, mi hai stupito” ha detto Djokovic.

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Una giornata indimenticabile per Cobolli, n.22 del mondo, adesso salirà un paio di posizioni, soprattutto un torneo che segna la svolta nella sua carriera. Ieri ha giocato per la prima volta sul Centre court di Wimbledon, contro il suo idolo, il giocatore che più ha imitato crescendo come tennista (l’altro, Fabio Fognini, il suo manager, era nell’angolo insieme al team) e davanti a Camilla, regina consorte, che ha ritardato molto la sua dipartita perché troppo divertita dal match. Alla fine non ce l’ha fatta ma gli onori del pubblico sono tutti per lui.

Flavio Cobolli e Novak Djokovic
Djokovic e Cobolli alla fine del match

“Questo ragazzo può migliorare ancora molto” ha spiegato il padre Stefano che è il suo coach, “ha un’intelligenza motoria molto spiccata, impara vedendo, anche oggi ha imparato molto”. E, come dice il risultato e come ha dimostrato il campo, c’è mancato molto poco.

La semifinale sarà Sinner contro Djokovic, la partita che molti avevano immaginato appena sorteggiati i tabelloni ormai undici giorni fa. L’altra sarà Alcaraz contro Fritz. Tutti vogliono, sognano, la replica della finale di Parigi.

Jannik Sinner alla fine ha domato l’erba, le paure (di farsi male) e anche i servizi a 240 km/h di Ben Shelton. Alla fine non solo ha giocato ma lo ha fatto come solo lui sa fare: preciso, potente, definitivo. Non una “bella” partita ma utile, anzi necessaria a cacciare via i brutti pensieri.

Fino a questa mattina non c’era neppure la certezza che Sinner potesse giocare il suo quarto di finale. Martedì, dopo la serata da incubo contro Dimitrov “vinta” per ritiro del bulgaro avanti di due set a zero e che aveva lasciato in eredità una brutta caduta sul gomito destro, non si era fatto vedere, aveva cancellato gli allenamenti. Il post di Cahill a fine pomeriggio “abbiamo giocato una mezz’oretta indoor per sentire la palla” non era del tutto rassicurante. I punti interrogativi sono stato spazzati via ieri mattina quando Sinner è comparso a Aorangi alle 10.30 per l’allenamento pre match.

Con una vistosa fasciatura al braccio destro che si faceva più spessa nella zona del gomito, quello su cui era caduto male scivolando nel primo game del primo set contro Dimitrov. Il tipo di allenamento – smash, servizi e discese a rete poi cesti di dritto e rovescio con variazioni nelle altezze – e soprattutto il rumore della palle sulle corde di Jannik hanno tranquillizzato. E fatto capire che il dolore al gomito poteva essere gestito e controllato. Così è stato.

La partita non è stata “bella”. Sinner ha chiuso in tre set (7-6 e 7-2 il tie break, 6-4/6-4) in 2 ore e 19 minuti. Nel primo set Sinner ha lasciato solo un quindici al suo avversario: ha sempre tenuto il servizio a zero (tranne una volta), non ha lasciato palle break, ed è riuscito a rispondere ai servizi di Shelton che viaggiano a 236km/h. Un match quindi deciso dalla battuta. “Ho servito più piano ma molto preciso” ha spiegato Jannik “perché contro Shelton serve fare questo”.

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Quando il numero 1 del mondo è riuscito a rispondere (a volte Sinner si è letteralmente levato il servizio di Shleton dal corpo impugnando la racchetta con due mani e sul davanti), riusciva anche a tenere il punto. I break sono stati pochi ma puntuali quando erano necessari: quattro nel tie break del primo set e due sul quattro pari del secondo e del terzo set. Il primo set ha tolto la paura, di servire e di colpire forte la palla. Le scarpe nuove (“non lo faccio mai ma mi serviva avere più aderenza a terreno” ha rivelato Sinner), la doppia protezione al braccio (sotto il tutore bianco c’è un bendaggio specifico per il gomito), probabilmente anche “l’erba gialla, più secca e più veloce” hanno fatto il resto.

Sinner is back, quindi. A modo suo. “Perché non vi ho fatto sapere nulla delle mie condizioni? Perché non le sapevo neppure io, perché dovevo provare con il mio team lontano da tutti. Non è mai stata in dubbio la mia presenza in campo. Ma solo stamani nell’allenamento ho avuto buone sensazioni dal braccio e ho capito che avrei potuto giocare ad un buon livello”.

I giornalisti hanno perso tempo? L’Italia è rimasta sospesa al gomito di Sinner? Pazienza, “e poi mica faccio il giornalista”. Risposta non troppo felice ma al numero 1 si perdona quasi tutto. Domani in campo le semifinali femminili: Swiatek-Bencic; Sabalenka-Anisimova. Venerdì sarà di nuovo Sinner contro Djokovic per un posto in finale a Church road.

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