La Corte d’appello di Firenze conferma le condanne ai 5 poliziotti per il rimpatrio di Alma Shalabayeva: «Decisione difficile ma giusta»
La Corte d’appello di Firenze ha confermato la condanna dei cinque poliziotti imputati nel processo bis sul rimpatrio di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako espulsa nel 2013 insieme alla figlia di 6 anni.
La sentenza di primo grado emessa a Perugia viene dunque sostanzialmente confermata, con una modifica: l’interdizione dai pubblici uffici non sarà più perpetua ma ridotta a cinque anni.
«È una decisione difficile, ma giusta», ha dichiarato Alma Shalabayeva dopo la sentenza.
«È difficile stare contro altri funzionari dello Stato italiano, ma la giustizia è stata con me. Grazie a tutte le persone che hanno avuto fiducia in me: grazie a voi oggi ho ottenuto questa decisione giusta»
L’accusa di sequestro
I cinque funzionari erano accusati di sequestro di persona per irregolarità nelle procedure di espulsione. Il procuratore generale di Firenze, Luigi Bocciolini, aveva chiesto l’assoluzione, mentre la parte civile aveva sollecitato la condanna per tutti e il risarcimento dei danni.
Le parole del ministro Piantedosi
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è intervenuto esprimendo la propria solidarietà agli agenti condannati:
«Pur nel rispetto delle decisioni giudiziarie, sento di esprimere la mia vicinanza personale ai cinque dirigenti della polizia condannati nel caso Shalabayeva. È una vicenda estremamente complessa, come dimostrano l’assoluzione in appello a Perugia e la richiesta di assoluzione del pg di Firenze, con esiti inaspettati».

Piantedosi ha sottolineato la difficoltà per chi opera nella sicurezza di “svolgere i compiti assegnati senza rischiare personalmente”: «Sono servitori dello Stato, con una vita trascorsa a lavorare per la legalità. La mia speranza è che nell’ultimo grado di giudizio possano essere assolti da ogni accusa».









