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Trump, tutti gli imbarazzi del presidente

Dal caso Epstein ai sospetti di insider trading, ai rapporti con Carlson e Fuentes. I fantasmi che mettono sotto pressione il presidente

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Dopo giorni di assedio, arriva la svolta di Donald Trump sul caso Epstein. «I repubblicani dovrebbero votare per la pubblicazione dei documenti Epstein, perché non abbiamo nulla da nascondere ed è tempo di voltare pagina rispetto a questa bufala dei democratici portata avanti solo distrarre dal successo dei repubblicano», ha sentenziato il tycoon con un post sul suo social Truth prendendo tutti di sorpresa. Tono infastidito, come se si trattasse di un grattacapo da sistemare alla svelta.

Sì, perché l’intero dibattito politico statunitense nelle ultime settimane era stato catalizzato dal rifiuto del presidente di acconsentire alla pubblicazione integrale dei documenti riguardanti il caso di Jeffrey Epstein, sollevando il sospetto che il tycoon potesse essere coinvolto nei suoi festini sessuali a sfondo pedofilo.

Trump ha cercato di andare al contrattacco, annunciando indagini sui rapporti tra Epstein e alcuni democratici di spicco, ma senza molto successo.

L’immagine che ci lascia questa ennesima piroetta è quella di un presidente travolto dalla mediaticità del caso: dopo giorni a negare persino l’esistenza dei documenti in questione (e ad attaccare furiosamente persino gli esponenti conservatori a lui vicini che aveva chiesto una maggiore trasparenza, come la deputata Marjorie Taylor Greene), il via libera suona quasi come una resa.

Trump cede

Anche perché accompagnata da un’improvvisa apertura nei confronti del controverso conduttore Tucker Carlson. Grande sostenitore del presidente, Carlson aveva preso nei mesi scorsi le distanze dal trumpismo mainstream criticando la politica di Israele a Gaza e successivamente acconsentendo a intervistare Nick Fuentes, giovane e popolare commentatore reazionario dalle tinte antisemite. Tale intervista aveva provocato una spaccatura nelle scorse settimane, con molti conservatori che avevano chiesto di escludere Carlson dalle attività del Partito Repubblicano in nome del sostegno allo Stato di Israele.

«Nessuno può dire a Tucker Carlson chi intervistare. Se vuole intervistare Nick Fuentes, non lo conosco molto, ma se vuole farlo lasciatelo fare. Che sia la gente a decidere», ha detto il presidente che in passato aveva incontrato lo stesso Fuentes salvo prendere subito le distanze dalla sua retorica. Ma il commento a favore di Carlson e del giovane youtuber – che ha prontamente ringraziato – è ancora più significativo se si considera che Fuentes aveva attaccato in maniera veemente Trump sul caso Epstein («Il movimento Maga è morto. Credo che dovremo bruciare tutti i nostri cappelli»), accusandolo di voler insabbiare le accuse a suo carico.

Le azioni finanziarie di Trump

La mossa del presidente, dunque, suona come un’implicita resa nei confronti di una nuova corrente di conservatori più aggressivi, più radicali e anche meno timorosi dello status di Trump all’interno del mondo conservatore. Senza i quali, tuttavia, il Partito Repubblicano rischierebbe verosimilmente di perdere le elezioni. Ma il caso Epstein e le grane interne non sono l’unico problema all’orizzonte per Donald Trump. La gestione degli affari di governo da parte del tycoon sta infatti destando crescenti sospetti. Secondo le autorità di garanzia finanziaria, negli ultimi tre mesi il presidente avrebbe infatti moltiplicato gli acquisti di azioni in borsa per un totale di 82 milioni di dollari, tutti diretti ad aziende che hanno poi beneficiato delle sue politiche.

Trump ha comprato azioni della Intel, nota compagnia di elettronica nel cui azionariato poco dopo è entrato il governo degli Stati Uniti – presieduto dallo stesso Trump -, mossa che ha provocato un sostanzioso rialzo in borsa. I critici non hanno mancato di ventilare l’accusa di insider trading, ma le controversie non sono finite qui. Nel fine settimane la Casa Bianca ha siglato un’intesa commerciale con la Svizzera, abbassando i dazi imposti contro le compagnie elvetiche dal 39% al 15%.

La svolta con Berna sarebbe arrivata però soltanto dopo un incontro con una delegazione di imprenditori svizzeri, i quali avrebbero fatto al tycoon numerosi regali di lusso: tra questi un prezioso orologio Rolex da scrivania e un lingotto d’oro con il suo nome inciso sopra dal valore stimato di 130.000 dollari. Il timore, già manifestato in precedenti incontri con rappresentanti stranieri, che le decisioni degli Stati Uniti possano essere prese in funzione dei “regali” consegnati al presidente americani non ha tardato a manifestarsi.

Per il momento, Trump comunque tira dritto ma non è escluso che se i democratici dovessero riprendere il controllo del Congresso nel 2026 tali transazioni possano finire sotto la lente di ingrandimento dei poteri di vigilanza parlamentari. E chissà che stavolta i fastidi di Trump non si trasformino in grane più grosse.

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