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Scopelliti: «Basta fake news sulla riforma. Scendo in campo per il Sì»

Francesca Scopelliti, giornalista, compagna di Enzo Tortora, lancia il comitato “Cittadini per il Sì”

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Disturbiamo Francesca Scopelliti – giornalista, ex politica, compagna di Enzo Tortora quando questi fu vittima di un caso emblematico di malagiustizia – mentre si trova a un convegno dedicato a Leonardo Sciascia. E proprio da Sciascia vuole partire per presentare il comitato che presiede e che è stato registrato in sede notarile giovedì sera, “Cittadini per il sì”: «Sciascia parlava di “terribilità della parola”. In tendeva la finzione, l’illazione»

Nel dibattito sul referendum chi è che finge?

«Fingono quei magistrati che continuano a raccontare una riforma e una legge che non sono quelle reali. Mi piacerebbe che anche chi sostiene il No motivasse la sua posizione con parole di verità, non con finzioni».

Che cosa si propone il vostro comitato?

«Ci proponiamo di parlare al cittadino sbugiardando le false notizie che circolano in merito alla riforma della giustizia e riportando al centro una verità molto semplice: le carriere di pm e giudici devono essere distinte perché la loro complicità è fonte di malagiustizia, come possono testimoniare i cittadini vittime di errori giudiziari che fanno parte del nostro comitato»

Fu così anche nel caso di Enzo Tortora?

«Sì, anche in quel caso ci fu una familiare complicità tra il procuratore e il giudice che condannò Tortora in primo grado a dieci anni».

La vostra non è la prima iniziativa a favore della riforma. Questa proliferazione di comitati non rischia di disperdere le forze in favore del Sì o, peggio, di disorientare i cittadini?

«Sono comitati che si riuniscono in un messaggio comune. Io stessa faccio parte anche del comitato dell’Unione delle Camere Penali; lavorerò anche con loro e personalmente sarei pronta a lavorare insieme ad altri due, tre, quattro comitati. Quello che è importante è che si segua una linea: votare al referendum e votare Sì».

La politica sta sbagliando qualcosa nella comunicazione della riforma? Alcune dichiarazioni del governo su questo sono state fuorvianti, perché presentano la riforma come una tutela per la politica invece che come una garanzia per il cittadino.

«La cosa importante, che anche noi ci proponiamo, è parlare del merito della riforma senza politicizzare il referendum. Ma la politica, a partire dal ministro Nordio, ha assolto a un grande compito, che io stessa, dopo trent’anni di battaglia politica, non credevo di poter veder realizzato».

A proposito di politicizzazione del referendum, il presidente dell’Anm Parodi ha detto di essersi sottratto al confronto con Nordio proprio per evitare di entrare nell’agone politico. Ci crede?

«Fin da prima dell’approvazione della legge i magistrati si sono vestiti da partito politico di opposizione. Poi, una volta approvata la riforma, hanno indossato la casacca politica del No al referendum. Non avendo molti argomenti, hanno inventato delle storie, come quella che il magistrato verrebbe assoggettato alla politica. Non è vero, l’articolo 104 non viene toccato. Hanno raccontato una legge che non è quella reale».

Della narrazione che è stata costruita a favore del No fa parte anche il tentativo di ascrivere a Falcone e Borsellino posizioni di contrarietà alla separazione delle carriere.

«È la testimonianza di quanto si aggrappino a qualsiasi fake news pur di attaccare questa legge. Gratteri è procuratore capo di Napoli e ha letto una falsa dichiarazione di Falcone, scusandosi in seguito. A parte l’espediente poco nobile, mi chiedo: se un procuratore a capo di una procura importante come quella di Napoli non riesce a captare la falsità di una dichiarazione, che sicurezza può dare nel modo in cui conduce le indagini? Qual è la certezza che persegua davvero la verità e non la convenienza? Senza dire che c’è un filmato in cui lo stesso Gratteri si dichiara a favore del sorteggio, di cui ora dice il peggio».

ASCOLTA AUDIO – Il direttore Barbano a Zapping sulla separazione delle carriere

C’è chi dice che la legge non impatta sul funzionamento della giustizia perché sono pochi i casi di trasferimento da una funzione all’altra.

«Va fatta una premessa: la riforma non è la panacea di tutti i mali che affliggono la giustizia italiana. Ma è un ottimo inizio. Se ci sono pochi casi di passaggio da una funzione all’altra mi chiedo perché questa legge preoccupi tanto i sostenitori del No. Perché sono così spaventati?»

Che cosa offre davvero questa riforma ai cittadini italiani? Siamo sicuri che sia una priorità?

«Al cittadino si dà la garanzia di un giudice terzo, imparziale e giusto. Ribadisco che Tortora è stato condannato senza uno straccio di prova solo per la complicità tra i due procuratori Felice Di Persia e Lucio Di Pietro. Nel suo libro-denuncia, Palamara dice che un procuratore, se vuole avere ragione del suo operato, deve assicurarsi dei bravi sostituti, una buona polizia investigativa, un buon rapporto con la stampa e un giudice capace di accogliere l’impianto accusatorio»

Enzo Tortora in un’immagine d’archivio. ANSA

Elementi presenti nel processo a Tortora?

«Quello è stato un processo mediatico, dove le prove non c’erano. Enzo era persona perfino “noiosamente” per bene. Il giudice Sansone lo condannò basandosi esclusivamente sulla parola dei pentiti, che Sansone definì “concordanti”e alle cui parole attribuì quindi valore probatorio. Più che altro erano “concordati”, si erano messi d’accordo, visto che vivevano a celle aperte nella caserma Pastrengo dei Carabinieri. Lo ha stabilito Michele Morello, il grande giudice a latere del processo di appello. Anche in quel processo c’erano, da una parte, un giudice complice della procura e, dall’altra, giudici liberi, giusti e davvero imparziali.

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