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Scandalo corruzione a Kiev, coinvolta la cerchia di Zelensky

Si riaccende lo scontro con l’autorità anti-corruzione ucraina, mentre aumentano i dubbi sulla gestione dei fondi per la difesa e la ricostruzione

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A Kiev sono iniziate a rotolare le prime teste dopo l’annuncio di lunedì dell’Ufficio Nazionale Anti-corruzione (Nabu) riguardante il disvelamento di uno schema di tangenti su larga scala nel settore energetico ucraino, stimato in non meno di 100 milioni di dollari.

Nel pomeriggio, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha rotto il silenzio, silurando i ministri dell’Energia e della Giustizia, ovvero Svitlana Grynchuk e Herman Galushchenko.

«Ritengo che il ministro della Giustizia e il ministro dell’Energia non possano rimanere in carica», ha scritto su X, «Ho chiesto al Primo Ministro dell’Ucraina che questi ministri presentino le loro dimissioni e chiedo ai deputati della Verkhovna Rada [il parlamento ucraino, ndr] di approvarle»

Detto, fatto, poche ore dopo i due ministri hanno presentato le loro richieste di dimissioni. Ma procediamo con ordine, perché ad essere coinvolti nello scandalo ci sono diversi individui, alcuni dei quali molto vicini al Presidente. Partiamo da Herman Galushchenko, fino a ieri ministro della Giustizia, che dal 2021 al luglio di quest’anno ha ricoperto il ruolo di ministro dell’Energia. L’indagine della Nabu, coadiuvata dall’Ufficio Speciale della Procura per l’Anti-corruzione (noto come Sapo) sostiene che l’ormai ex ministro farebbe parte di un’organizzazione che aveva come scopo l’ottenimento di tangenti in cambio di lavori nel settore dell’energia, di cui Galushchenko era a capo.

“Operazione Mida”

Più nel dettaglio l’indagine, denominata “Operazione Mida” dal nome del mitico Re della Lidia che trasformava in oro tutto ciò che toccava, riguarda un presunto sistema di tangenti da circa 100 milioni di dollari legato alla società statale Energoatom, che gestisce le centrali nucleari del Paese. Secondo quanto ipotizzato dalla Nabu e dalla Sapo, il presunto schema era il seguente: le aziende che volevano vendere beni o servizi a Energoatom dovevano pagare una tangente del 10-15% o affrontare il mancato pagamento e la rimozione dall’elenco dei fornitori, un meccanismo soprannominato “tollgate” (pedaggio), poiché o si versava la gabella dovuta o si rimaneva fuori dalla porta.

A capo del meccanismo, che vedeva decine di complici, ci sarebbe Tymur Mindich (noto come “Karlson” nei fascicoli della Nabu), uomo d’affari ed ex collaboratore del Presidente Volodymyr Zelensky, comproprietario della Kvartal 95, la società di produzione televisiva fondata da Zelensky prima di diventare Presidente. Poche ore prima delle perquisizioni effettuate dalla Nabu nelle sue proprietà, Mindich ha lasciato l’Ucraina. Secondo la Sapo, il trasferimento di fondi da parte di membri dell’organizzazione criminale avrebbe coinvolto anche un ex Vice Primo ministro ucraino, internamente noto come “Che Guevara”, dall’Ukrainska Pravda identificato in Oleksiy Chernyshov, imprenditore nonché politico vicino al Presidente.

Anche Umerov al centro delle indagini

Al centro delle indagini ci sarebbe anche un altro fedelissimo di Zelensky, Rustem Umerov, segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale, che dal 2022 al luglio del 2025 ha ricoperto la carica di ministro della Difesa. Il procuratore della Sapo, citato dall’agenzia Interfax-Ukraine, ha affermato martedì che «l’Ufficio ha raccolto prove dell’attività criminale di Mindich nel settore della difesa attraverso la sua influenza sull’allora ministro della Difesa Umerov». Ieri l’ex ministro si è difeso da Istanbul, dove è stato inviato martedì per sbloccare l’impasse con la Russia in merito alla continuazione degli scambi di prigionieri, affermando che «qualsiasi tentativo» di collegare il suo «lavoro presso il ministero della Difesa all’influenza di determinati individui è infondato».

Umerov conferma l’incontro con Mindich, «durante il quale è stata sollevata la questione riguardante i giubbotti antiproiettile oggetto di un contratto». Tale contratto è stato però «rescisso poiché i prodotti non soddisfacevano i requisiti richiesti, e nessuna fornitura è stata effettuata», ha concluso Umerov. La seconda silurata della giornata di ieri, l’ormai ex ministro dell’Energia Svitlana Grynchuk, è stata per la verità toccata solo di striscio dall’indagine (almeno per il momento), tuttavia secondo quanto riportato dalla Sapo, i rapporti di sorveglianza attesterebbero che Grynchuk avrebbe trascorso almeno tre notti alla residenza di Galushchenko. La posizione dell’ex ministra era quindi compromessa.

La tentata riforma della scorsa estate

Il polverone assume i connotati di una tempesta se si pensa che non più tardi di quest’estate Zelensky aveva fatto approvare in tempo record dal parlamento una legge che avrebbe posto sotto il diretto controllo del Procuratore generale (e quindi del governo) le due agenzie anti-corruzione. La mossa, nelle intenzioni dell’amministrazione, doveva contrastare presunti tentativi di infiltrazione del Cremlino nei vertici anticorruzione; il risultato è stato invece un’ondata di proteste contro una misura giudicata come un attacco all’indipendenza della magistratura e dello Stato di diritto.

Di fronte all’ondata di critiche (anche e soprattutto dai partner occidentali), Zelensky ha compiuto una clamorosa marcia indietro, annunciando a fine luglio un nuovo disegno di legge volto a ripristinare pienamente l’indipendenza di Nabu e Sapo, pur lasciando ai servizi segreti interni la facoltà di vigilare sui suoi membri per eventuali collegamenti alla Russia. Il Parlamento ucraino ha approvato il testo di legge riformato il 30 luglio, ristabilendo le garanzie procedurali e l’autonomia decisionale delle due istituzioni. Gli effetti benefici della decisione cominciano a vedersi, d’altra parte l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea passano anche per una diminuzione della corruzione rampante che ha caratterizzato il Paese sin dal crollo dell’Unione Sovietica.

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