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Cara ministra Bernini, non è ora di abolire la tesi di laurea?

L’avvento dell’AI ha reso praticamente impossibile discernere il prodotto autentico dal plagio. È arrivato il momento di adeguarsi

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Gentile ministra Bernini, il tempo che ci tocca di vivere ci pone domande sul come rispondere alle potentissime novità che la tecnologia ha messo sulla nostra strada e che modificano radicalmente la nostra capacità d’interagire col mondo. Anche con il mondo universitario, naturalmente, e con le modalità attraverso cui si svolge il processo formativo e si perviene alla sua verifica.

L’intelligenza artificiale

Intendiamo riferirci, naturalmente, agli effetti dell’irruzione dell’intelligenza artificiale (AI) nelle aule delle nostre università soprattutto nella fase finale del percorso formativo, quando lo studente è chiamato a misurarsi con la tesi di laurea. Infatti se la finalità teorica della tesi, di nobilissime origini medievali, è essenzialmente quella di attingere da un elaborato scritto prodotto dal laureando la qualità ed il livello delle competenze acquisite, anche in termini di capacità di ricerca, nel percorso di studi, l’avvento dell’AI ha reso praticamente impossibile discernere il prodotto autentico dal plagio.

Un’epoca ormai superata

Sia chiaro, non s’intende in queste note rimpiangere il tempo in cui il lavoro di ricerca dello studente era circonfuso di un’aura quasi mistica: quando l’ingegno della giovane mente s’impegnava con un rigoroso piano di ricerca bibliografica, in cui le monografie rappresentavano il piatto forte e gli articoli scientifici facevano da supporto per approfondimenti mirati; si contemplava un decente apparato di note che servivano a spiegare senza appesantire; si esigeva l’uso di un italiano degno di una persona che stava per laurearsi; si evidenziava una coerenza “teleologica” della scrittura tutta proiettata a sostenere, con argomenti accolti dalla comunità scientifica, una “tesi” (appunto) con l’ambizione di aggiungere qualcosa di nuovo e possibilmente di non fare un riassunto di qualche monografia.

Il rischio del plagio

Certo, c’è stato sempre chi copiava da qualche parte, ma non si trattava comunque di pratiche statisticamente prevalenti. Come rischiano di diventare quelle odierne. Comunque anche nell’era pre-AI il “peso” della tesi rispetto all’analisi del curriculum studiorum, non è mai stato prevalente, aggirandosi in media dai quattro ai sette punti sui centodieci disponibili. Dunque erano (e sono) i voti raccolti nel quinquennio di studi ad avere la meglio sul resto. E non può che essere così: i miracoli di tesi di laurea da premio Nobel forse esistono pure, ma si agganciano quasi sempre ad un percorso di studi dello stesso livello.

Gli elaborati copiati

No, non siamo cantori del bel tempo che fu ma vogliamo, onorevole ministra, considerare pure che alla mensa universitaria si è seduto un convitato di pietra dal nome di Intelligenza Artificiale. Si riconosce da alcuni segnali: la mancanza di un’anima capace di riempire di senso l’elaborato; i piccoli prolassi logici; spesso balza agli occhi l’incoerenza con il curriculum dello studente: chi arriva con un ottimo consolidato non armeggia con l’AI e la scorciatoia la prendono quelli che hanno una media meno splendente. Ma teniamo conto del fatto che le applicazioni dell’AI si perfezionano giorno dopo giorno e presto talune rozzezze e “afasie” potrebbero essere corrette. E non ci saranno programmi anti-plagio che vi potranno mai far fronte.

La proposta

Allora vorrei porre alla collega docente e ministra Anna Maria Bernini una domanda: se non valuti anche lei che sia arrivato il tempo verificare una diversa possibilità per la procedura che porta al conferimento della laurea, facendo svolgere al candidato/a piuttosto che la tesi scritta una orale in un contesto di dialogo con la commissione. Basterebbe questo, magari restringendo ancora di più il peso della tesi a favore del curriculum studiorum, che resta comunque, da sempre, la parte sostanziale dell’impegno studentesco. Forse compiremmo così tutti un gesto di responsabilità e onestà intellettuale nel conferimento della laurea, un titolo riconosciuto dallo Stato. Non abbiamo un atteggiamento luddistico nei confronti dell’AI: sarebbe cosa sciocca ed inutile. Non vogliamo negarne l’immenso potenziale evolutivo, anzi. Ma neppure alimentare generazioni di produttori di fake.

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