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Il filo rosso della sorellanza italiana: 11 storie di resistenza e sogni

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Maria Montessori e Annie Besant, Ada Gobetti e Bianca Guidetti Serra, Carla Lonzi e Carla Accardi, Elvira Sellerio e Luisa Adorno, Rossana Rossanda e Luciana Castellina (e tante altre ancora). Il libro raccoglie le testimonianze e i legami tra le grandi donne della nostra storia

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Nel corso di un secolo, dal 1926 a oggi, l’amicizia tra donne in Italia ha attraversato le trasformazioni di un Paese in cambiamento. Si sono intrecciate storie di Resistenza, di lotta, di scoperte e di sogni condivisi.

Nel volume “Amiche. Undici storie di legami e sorellanza”, edito da Il Mulino, si racconta di legami d’amicizia che hanno segnato la società e la cultura italiana: dalle prime battaglie femministe alle voci che hanno scosso la cultura e la politica, dal mondo dell’arte alla letteratura, dallo spettacolo all’editoria.

Maria Montessori e Annie Besant, Ada Gobetti e Bianca Guidetti Serra, Carla Lonzi e Carla Accardi, Elvira Sellerio e Luisa Adorno, Rossana Rossanda e Luciana Castellina, solo per citarne alcune. I contributi di Eliana Di Caro, Cristiana di San Marzano, Elisa Dossi, Dacia Maraini, Stefania Porrino, Linda Laura Sabbadini, Francesca Sancin, Mirella Serri e Chiara Valerio hanno una propria autonomia e il volume può essere letto saltando da una parte all’altra o anche a ritroso, senza uno schema fisso.

Ogni legame racconta come le donne si ritrovino sempre nell’intreccio dell’amicizia che, con silenziosa e tenace determinazione, costruisce la storia.

«C’è un filo rosso che unisce tutte queste storie. Non è solo il genere. È la forza della relazione tra donne come spazio di libertà e verità. Non sempre pacificata, spesso dolorosa, ma sempre viva», scrive Dacia Maraini.

Le autrici fanno parte di Controparola, un gruppo di giornaliste e scrittrici nato nel 1992 su iniziativa della stessa Maraini.

Di quei legami nati dall’amore per le parole si occupa Eliana Di Caro, che nel volume dedica pagine preziose alla casa editrice Sellerio, nata a Palermo dall’intuizione di Elvira Giorgianni ed Enzo Sellerio. Nel 1979 Enzo ed Elvira lanciano con Leonardo Sciascia, punto di riferimento della casa editrice, la serie degli inconfondibili libretti blu, con lo scopo di «non dimenticare certi scrittori, certi testi, certi fatti».

Tra i lavori che Sciascia propose di pubblicare all’interno della collana “La memoria” c’era “L’ultima provincia”, opera prima di Luisa Adorno, uscita con Rizzoli nel 1962 ma presto caduta nell’oblio. “L’ultima provincia” è uno spaccato della borghesia siciliana non facoltosa, ritratta «in quello spazio di tempo incredibilmente breve in cui, non valendo più le raccomandazioni fasciste, non esistevano ancora quelle del nuovo governo».

Di Caro ci fa scoprire una coppia di amiche — Elvira e Luisa — unite dalla Sicilia, una editrice e l’altra scrittrice, due donne che hanno attraversato un periodo difficile pur conservando uno spirito di osservazione e ironia. Luisa, nordica sposata con un siciliano, racconta nei suoi piccoli libri i riti quotidiani con una satira piena di tenerezza; Elvira, amica di Sciascia, si confronta con i grandi problemi dell’editoria e con la terra sospesa tra rivolta e resa alla mafia.

Come spesso accade, le amicizie non sempre nascono da idee condivise: l’amicizia, come l’amore, ha qualcosa di misterioso, a volte germoglia su un terreno comune, altre volte cresce faticosamente dentro le crepe di una roccia. Cristiana di San Marzano racconta di Rossana Rossanda, la “ragazza del secolo scorso”, e di Luciana Castellina. «Le scelte prima le facciamo poi ci fanno», diceva Rossanda, figura di riferimento per una generazione che, dopo la guerra, divenne classe dirigente.

Nata a Pola, trasferitasi a Milano nei primi anni Trenta, allieva di Antonio Banfi, partecipò giovanissima alla Resistenza con il nome di battaglia “Miranda”.

Dopo la guerra cominciò a lavorare alla casa editrice Hoepli e si iscrisse al Partito comunista nel 1946. Una lunga carriera dentro e fuori dal PCI, fino all’esperienza de “Il Manifesto”. Momento centrale del suo impegno fu la direzione della Casa della Cultura a Milano, dal 1951: sotto la sua guida la sede tornò a essere un luogo di incontro per intellettuali socialisti, laici e modernisti. «Io andavo a cercar soldi in giro e me li davano, parcamente ma senza troppe storie», scriveva Rossanda nella sua autobiografia, ricordando come fosse riuscita a creare una rete di sostegno tra Comune, banche e personalità come Raffaele Mattioli.

La Casa della Cultura divenne presto un punto di riferimento: vi si proiettavano film censurati, si sostenevano battaglie civili e si favoriva un dialogo libero tra le diverse anime della sinistra. «Nessuno della Federazione comunista ha mai interferito con la direzione della Casa della Cultura», scrive Rossanda, che riuscì a imporre una gestione autonoma in tempi di forte rigidità ideologica.

«Rossana Rossanda e Luciana Castellina sono due ragazze che hanno attraversato il Novecento», scrive Cristiana di San Marzano, «invecchiate insieme, condividendo sogni, idee, passioni, affetti e un percorso politico che le ha unite e poi divise».

Di quell’amicizia, Castellina ha scritto sul “Manifesto” in occasione della morte di Rossanda: «Voglio riportarvi a mente un pezzo del nostro vissuto che spiega come anche i conflitti non abbiano incrinato i nostri rapporti». Ricorda quando Lucio Magri, suo compagno, decise di porre fine alla sua vita. Oggi Castellina, “l’ultima dei mohicani”, è rimasta sola a testimoniare quella stagione di impegno e amicizia.

Nel suo salotto ai Parioli, tra foto, ritagli e premi, conserva la memoria di un gruppo di amici: Lucio Magri, Luigi Pintor, Valentino Parlato, Aldo Natoli, Filippo Maone, Rossana e Luciana. Un libro nato dal desiderio, come scrive Dacia Maraini, di «valorizzare un sentimento trascurato e spesso svilito, per approfondire lo studio del passato e cercare gli esempi meno noti di affinità e solidarietà femminile».

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