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Ruffini: «La patrimoniale? Prima recuperiamo l’evasione fiscale»

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L’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate: «Non sana le disparità, spreca le risorse»


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Ernesto Maria Ruffini, avvocato tributarista, ha diretto l’Agenzia delle Entrate sotto quattro governi (Gentiloni, Conte II, Draghi e, fino al 31 dicembre 2024, Meloni). Oggi è alla guida dei Comitati di “Più Uno”, il progetto politico da lui fondato. 

Avvocato, la manovra e in particolare la sua misura regina, il taglio dell’Irpef per il ceto medio, è finita nel mirino delle principali istituzioni economiche. Bankitalia ha rilevato che fa poco per ridurre le diseguaglianze. Per l’Istat il taglio dell’aliquota dal 35 al 33% premia i ricchi. 

«Questa legge di bilancio non fa nulla per ridurre la diseguaglianza e spende risorse pubbliche che potrebbero essere meglio impiegate: si sostiene un costo di circa tre miliardi per consentire ai destinatari di risparmiare in media 200 euro l’anno, intercettando una categoria di contribuenti che non sono tra i meno tutelati, non gli cambia la vita per quanto sia importante avere 200 euro in più in tasca.

Certamente, quindi, questo intervento non può essere ascritto tra quelli che riducono la diseguaglianza. Con questi tre miliardi si poteva intervenire diversamente, specie in un Paese in cui sei milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta, persone cioè che non possono fare la spesa per mangiare o non hanno soldi per poter comprare gli indumenti con cui andare in giro. Non si investono soldi per il futuro del Paese e per ridurre le diseguaglianze, ma solo per dare una mancia».

Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha lanciato uno sciopero generale per il 12 dicembre contro quella che definisce «una manovra ingiusta e iniqua». La premier Meloni e il vicepremier Salvini hanno ironizzato sulla scelta della data… Siamo allo scontro sociale?

«Non siamo a questo punto e ci auguriamo che non ci si arrivi. Certamente non aiutano le battute sulla data del 12 dicembre, che è una data molto importante per la storia di questo Paese. Non è un weekend come gli altri».

Landini ha rilanciato la tassa patrimoniale sui super ricchi. La segretaria del Pd, Elly Schlein, ha proposto una patrimoniale europea. In Francia l’economista Gabriel Zucman ha proposto una patrimoniale annuale del 2% e la stessa cosa fa il neo sindaco di New York, Zohran Mamdani. Ma l’idea di tassare la ricchezza sembra farsi strada anche in ambienti più moderati, pure nel mondo cattolico. 

«Troppo spesso nella storia di questo Paese l’introduzione di nuove tasse è stata considerata la soluzione di un problema, quando il tema è se raggiunge il risultato. La tassazione del reddito è una scelta costituzionale. In questo momento l’aliquota più alta, il 43%, grava sui redditi da 50.000 euro in su, la stessa aliquota quindi si applica anche su un reddito, per esempio, di tre milioni.

Potremmo immaginare forme di contribuzione maggiore da parte di chi guadagna di più. Quanto alla patrimoniale, bisogna capire come si può strutturare. Tendenzialmente non è con l’introduzione di nuove imposte che si struttura l’andamento del bilancio pubblico, soprattutto quando non si sa quanti siano i patrimoni da tassare e come si intenda tassarli».

Tassare la ricchezza potrebbe ridurre gli incentivi ad investire, produrre una fuga di capitali, favorire fenomeni di elusione ed evasione?

«Si va colpire una categoria di presone che con più facilità può sottrarsi al pagamento di quelle imposte. Bisogna, invece, investire sulla capacità dello Stato di far pagare le imposte dovute. Nonostante sia stato fatto molto per il contrasto dell’evasione fiscale, è ancora molto alta. Quindi introdurre nuove imposte senza aver prima risolto il problema che le imposte in questo Paese si evadono sembra un modo un po’ ingenuo di risolvere il problema».

«Si va colpire una categoria di presone che con più facilità può sottrarsi al pagamento di quelle imposte. Bisogna, invece, investire sulla capacità dello Stato di far pagare le imposte dovute. Nonostante sia stato fatto molto per il contrasto dell’evasione fiscale, è ancora molto alta. Quindi introdurre nuove imposte senza aver prima risolto il problema che le imposte in questo Paese si evadono sembra un modo un po’ ingenuo di risolvere il problema».

Quindi parlare di patrimoniale è prematuro? 

«Non vorrei che si pensasse di risolvere i problemi in Gazzetta Ufficiale, bisogna risolverli nella realtà, e quindi se si vuole introdurre nuove imposte, lo si deve fare quando si è in grado di farle assolvere pienamente da chi le deve pagare». 

L’evasione è altro fattore che alimenta la diseguaglianza?

«L’evasione resta un problema, ma la vera questione è come vengono impiegati i soldi che si recuperano dall’evasione e in generale dalle tasse, perché sono due facce della stessa medaglia. Dal 2015 a oggi lo Stato, grazie al lavoro della Guardia di Finanza e dell’Agenzie delle Entrate, ha incassato più di 240 miliardi, più del Pnrr, e sicuramente questi soldi sono stati spesi.

La domanda è se sono stati investiti, se hanno prodotto risultati in ordine alla riduzione delle diseguaglianze nel nostro Paese. La risposta è sotto gli occhi di tutti: sono stati solo spesi e non investiti. Il contrasto dell’evasione fiscale deve portare dei frutti, altrimenti è complicato anche sconfiggere il disvalore sociale rispetto alla facile autoassoluzione della slealtà fiscale nei confronti di uno Stato che non sembra trattare bene i soldi che recupera». 

Quali interventi potrebbero migliorare la distribuzione dei redditi e garantire maggiore eguaglianza sociale? 

«È importante che il denaro pubblico venga investito in progetto di lungo periodo, nell’ambito di un disegno complessivo e prospettico, non solo per soddisfare un’esigenza del momento. Ogni anno c’è una legge di bilancio che aumenta le entrate e la spesa, ma non riesce a costruire un modello di Paese».

Su cosa bisogna investire? 

«Sulla scuola, sulla formazione di una nuova generazione di cittadini che possano restituire  con la loro capacità, con la loro visione di Paese, con il loro sentirsi parte di una comunità. Ed è anche un modo per ridurre le disuguaglianze, perché la scuola è il complemento necessario al suffragio universale, diceva Calamandrei».

Tra gli interventi della manovra figurano la rottamazione e l’aumento della tassazione sugli affitti brevi.

«Strumenti che non costruiscono nulla, e sono la riprova dell’incapacità di costruire qualcosa che rimanga, di risolvere i problemi». 

Un giudizio sulla legge di bilancio nel suo complesso?

«Ci sono ampi margini di miglioramento».

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