Il rapporto con le petro-monarchie serve a garantirsi un ruolo in uno spazio sempre più strategico per l’interesse nazionale
La visita del presidente dell’Anp Abu Mazen a Roma ha sottolineato l’attenzione dell’Italia verso lo scacchiere mediorientale, una regione fondamentale per l’interesse nazionale sotto molteplici profili strategici – energetico, economico, securitario, migratorio. Per tale ragione il governo italiano sta conducendo un’intensa campagna diplomatica per essere coinvolta nell’assetto post-bellico di Gaza, nella convincione che tale partecipazione sia fondamentale per poterne influenzare l’esito in un’ottica positiva per Roma.
A tale fine l’Italia ha puntato – oltre che sui tradizionali partner come Stati Uniti e Turchia – sulla Penisola Arabica, tassello centrale di qualunque geometria mediorientale. In particolare, tre sono i Paesi su cui si è appuntata da tempo l’attenzione italiana: l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti (Eau), le tre principali petro-monarchie arabe il cui attivismo internazionale ha da tempo attirato l’attenzione internazionale.
Sauditi ed emiratini, in particolare, giocano un ruolo fondamentale nella partita yemenita (dove Abu Dhabi sostiene il governo separatista di Aden, contrapposto a quello di San’a, dominato dagli islamisti Houthi) e nell’assicurare la sicurezza delle rotte navali del Mar Rosso, fondamentali per l’industria italiana.
Gli EAU in Africa
Gli Emirati Arabi stanno costruendosi un ruolo sempre più pesante anche in Africa, attraverso l’acquisto di porti e infrastrutture e il sostegno a gruppi locali controversi, come la milizia sudanese Forze di supporto rapido (Rsf), responsabili recentemente dell’atroce eccidio di al-Fasher. Cooptare Abu Dhabi a una strategia stabilizzatrice per il continente africano risulta essere un obiettivo ovvio della politica italiana in Africa. Parimenti, il Qatar è noto per essere uno dei principali partner statali del gruppo radicale palestinese Hamas, al punto da aver giocato un ruolo fondamentale nella mediazione che ha permesso l’accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Ma se Roma può puntare ad avere l’orecchio dei petro-monarchi locali lo deve soprattutto al rapporto solido e affidabile che ha saputo costruirenon solo in campo politico, ma anche economico, militare ed energetico.
Nel 2024, per esempio, il Qatar ha fornito all’Europa circa 10 milioni di tonnelate di gas naturale liquefatto (Gnl), coprendo circa il 12% delle importazioni del Vecchio Continente. Di queste circa una tonnellata su dieci è stata acquistata proprio dall’Italia, che si è classificata così al quarto posto tra i Paesi europei importatori del gas qatariota e al sesto posto tra i maggiori acquirenti mondiali del Gnl di Doha. In forza di ciò, nel 2023 l’Eni si è aggiudicata un contratto pluridecennale per una joint venture volta a sfruttare il giacimento qatariota North Field East, che dovrebbe – a pieno regime – produrre 1.5 miliardi di metri cubi annui di gas naturale.
Doha e Roma unite nel settore della Difesa
Un legame energetico che ha consolidato il già proficuo rapporto tra Italia e Qatar, per esempio nel campo della Difesa: Doha è da anni uno dei maggiori acquirenti di armi italiane e nel 2024 il gruppo Fincantieri ha raggiunto un’intesa per poter addestrare il personale della marina qatariota. Temi – energia e sicurezza – su cui anche gli altri Paesi del Golfo hanno individuato in Roma un partner affidabile e prezioso: gli accordi firmati, per esempio, tra Arabia Saudita e Italia durante la visita a Riyadh della premier Giorgia Meloni all’inizio del 2025 non solo hanno confermato la portata degli investimenti condivisi tra le due economie (a cui si sono aggiunti 10 miliardi di euro di intese siglate in occasione del suddetto viaggio), ma anche definito Roma come un attore strategico per la Difesa saudita, soprattutto in campo aerospaziale.
Durante tale visita, Meloni toccò anche i vicini Emirati Arabi Uniti. Anche Dubai infatti ha trovato nell’Italia un Paese pragmatico, interessato alla cooperazione regionale e ricco di eccellenze tecnologiche. Non a caso, le autorità emiratine firmarono accordi allora impegnandosi a investire circa 40 miliardi di dollari in Italia come parte di una serie di intese strategiche che, tra le altre cose, aprì le porte alla costituzione di Maestral, la joint venture italo-emiratina a guida Fincatieri che di fatto è divenuta il principale polo navale della regione. Una presenza, quella italiana nella Penisola Arabica, che non è né occasionale né di passaggio ma segna la nascita di un rapporto strutturale e duraturo che vedrà l’Italia verosimilmente sempre più coinvolta nelle dinamiche locali nel prossimo futuro.











