Home / Sport / Tennis femminile e rivoluzione liberale: gli arabi puntano alle Finals

Tennis femminile e rivoluzione liberale: gli arabi puntano alle Finals

Dopo il mondo del calcio, gli emiri vogliono conquistare quello di racchetta e pallina: ecco la strategia in vista del 2028

di

Poi, magari, è solo marketing politico: togliersi l’infamia del paese illiberale, non pratico di diritti civili, con poca cosa, organizzando cioè tornei di tennis, anche femminili. E mettendo tanti soldi. Insomma un’operazione gattopardesca dove tutto cambia ma poi in realtà non cambia nulla. Oppure è tutto vero, e le monarchie arabe stanno facendo la rivoluzione giocando a tennis. Vedremo.

È certo che qualcosa sta succedendo laggiù nella penisola araba, tra Arabia Saudita e Qatar, protagoniste non solo dei tavoli di pace in Medioriente ma dello sport internazionale. E se il calcio ha già fatto la sua parte organizzando i Mondiali in Qatar ma senza evidenti conseguenze sociali – gioco per lo più e di squadra – il tennis, maschile e femminile, potrebbe essere l’X Factor destinato a fare la differenza. Tra un prima “medievale” e quel “rinascimento arabo” che quando fu pronosticato (Matteo Renzi, 2021) parve una bestemmia di cui però, solo quattro anni dopo, tutti si riempiono la bocca.

La passione dei principi sauditi

Il punto è che i principi sauditi si sono innamorati del tennis. Così tanto da candidarsi ad ospitare le Atp Finals a partire dal 2028 (fino al 2027 restano in Italia). Una candidatura che pesa per quantità di milioni di dollari messi sul tavolo. Uno sforzo finanziario che Europa e Stati Uniti e neppure la Cina riuscirebbero a sostenere. La via più facile per questo obiettivo passa proprio dal tennis femminile.

La sfida Sabalenka-Kyrgios

Ci sono numerosi indizi di questo “innamoramento”. È notizia di queste ore che sarà proprio Dubai, città degli Emirati Arabi Uniti, ad ospitare il 28 dicembre – piene vacanze di Capodanno – la sfida tra Aryna Sabalenka, numero 1 indiscussa del tennis femminile, e l’australiano Nick Kyrgios, ex top ten, ora 652 del mondo, un genio della racchetta che però non ha mai tollerato la fatica del tennis. “Torna la battaglia dei sessi” è stato il titolo più gettonato.

La battaglia dei sessi

La prima e originale Battaglia dei sessi – Billie Jean King vs Bobby Riggs – fu giocata nel 1973, a Houston in Texas tra un ex giocatore ormai 55 enne, un po’ imbolsito, squattrinato e però convinto di vincere e l’allora numero 2 del mondo, la controversa King che proprio nel ’73 aveva concluso la vera rivoluzione: parità di trattamento, economico e nella gestione delle gare, nei quattro appuntamenti Slam. Era il 1973, il mondo cambiava in fretta e tra molti choc. Billie Jean accettò di giocare, al meglio dei cinque set e vinse il match in tre set (6-4/6-3/6-3). Quella sera 30 milioni di persone acquistarono il biglietto e 90 milioni di spettatori la seguono in tv collegati da tutto il mondo. Scoprirono come l’intelligenza tattica – King spezzò le gambe a Riggs a suon di smorzate e pallonetti – valga molto di più della forza fisica.

I tentativi falliti

Da allora ci sono stati altri tentativi di riproporre la battaglia dei sessi, il più riuscito fu nel 1992 fra Martina Navratilova e Jmmy Connors (7-5/6-2). Quello di Doha il 28 dicembre rischia di diventare “storico” per il match in campo e per quello che rappresenta: la parte di mondo, i paesi arabi, dove le donne contano meno e vivono nascoste, ospita un evento sportivo in cui la donna è protagonista.

L’emancipazione femminile

Il tennis come strumento di emancipazione femminile, nel costume – giocatrici e raccattapalle giocano in gonnellino a cannottiera – e nel quotidiano perché lo sport è cultura. Certo, sugli spalti è difficile vedere signore senza velo o altri capricapi. È difficile, in assoluto, vedere pubblico femminile. La buona notizia sono le bambine che al pari dei maschietti affollano i fan club per avere gli autografi dei giocatori. Però diamo tempo al tempo.

La strategia

Per entrare nel circuito tennistico i paesi arabi hanno scelto la via d’ingresso più facile, quei tornei femminili che magari si fa fatica ad organizzare altrove. Doha ospita un torneo femminile internazionale dal 2001. Dal 2022 è diventato Wta 1000, la prima classe delle competizioni. Sempre Riyadh ospita per il secondo anno di fila il Master femminile, le migliori otto giocatrici – anche Jasmine Paolini – che si contendono il trono della Maestra. E’ quasi certo che sarà incoronata quella stessa Sabalenka che il 28 dicembre sarà “molto fiera di giocare in nome di tutte le donne contro Kyrgios”.

Il Master

Dal 2023 Gedda, un’altra metropoli dell’Arabia Saudita, organizza la Next Gen Atp Finals, ovvero il Master riservato ai migliori otto giocatori under 21.La competizione era “nata” a Milano, con regole nuove, da teen ager – ad esempio l’arbitro elettronico – e “contro” Milano fece e vinse la trattativa la Saudi tennis Federation (guidata all’epoca da una donna).

Il Six Kings Slam

È stato il primo tentativo di mettere le mani sul circuito maschile che, sia detto senza alcuna offesa, è quello dove girano miliardi tra sponsor, ingaggi e montepremi. Dal 2024 sempre Riyadh ospita il Six Kings slam, il torneo esibizione milionario a cui i giocatori, per quanto stremati dal mese e mezzo nel circuito cinese, partecipano col sorriso sulle labbra. E le tasche piene. I conti in banca anche.

L’obiettivo

È chiaro anche ai più inesperti che il Six Kings slam è la prova generale del Master della cui destinazione – dal 2028 – si parlerà la prossima settimana a Torino durante le Finals. I paesi arabi vogliono il tennis. Hanno tanti soldi da investire. L’Italia prova a resistere. Dalla sua parte ci sono i giocatori che a fine stagione gradiscono restare dove stanno meglio, come cibo, accoglienza e contesto: l’Italia, comunque l’Europa. In cambio l’Atp ha promesso ai paesi arabi l’organizzazione di un torneo Mille a partire dal 2028.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

EDICOLA