Il deputato di Forza Italia parla del referendum sulla riforma della giustizia che si terrà la prossima primavera
«Chi proviene da una tradizione liberale non può non sostenere il Sì al referendum sulla separazione delle carriere». Parola di Enrico Costa, deputato di Forza Italia e membro della Commissione giustizia alla Camera, da sempre impegnato nelle battaglie garantiste che animano il dibattito politico, dagli errori giudiziari alle valutazioni di professionalità delle toghe, fino al tema delle porte girevoli che alimentano la ‘commistione’ politica-magistratura.
«Ognuno deve svolgere il compito che gli è stato assegnato dalla Costituzione», sottolinea l’ex viceministro della Giustizia parlando della grande sfida referendaria in cui saranno i cittadini a decidere. Per questo, fa notare, «saranno importanti i contenuti».
Il referendum sulla separazione delle carriere sarà lo scontro politico tra i due grandi blocchi del No e del Sì, tra magistrati e avvocati, tra maggioranza e opposizione. Ma ci sono insigni giuristi, come l’ex presidente della Consulta Barbera che apre al fronte del Sì nella magistratura, e noti penalisti come Enrico Grosso, che guida il fronte del No dei magistrati. Anche in politica nello ‘zoccolo duro’ del Pd ci sono i riformisti che aprono alla riforma. Oltre la spaccatura identitaria ci sono le idee?
«Nel referendum si esprimono i cittadini e il mio auspicio è che i cittadini non facciano pregiudizialmente riferimento a logiche di schieramento, ma piuttosto ai contenuti. Sarà compito delle forze politiche e dei Comitati spiegare le ragioni per le quali fare una determinata scelta. La sfida è convincere i cittadini nel merito. Chissà quali argomenti useranno quegli esponenti Pd che erano per la separazione delle carriere ed ora, solo per convenienza politica, si schierano contro».
L’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro dice che c’è chi scredita questo referendum dicendo che l’ha voluto Berlusconi o Gelli, per orientare il voto. Non si parla del merito della riforma ma di chi l’ha fatta. La polarizzazione rischia di trasformare il voto referendario sul tema della riforma della giustizia in un referendum pro o contro il Governo o, ancor peggio, in uno scontro aperto fra politica e magistratura?
«Io spero, e lo ribadisco, che si badi ai contenuti, che sono molto chiari: terzietà del giudice, accusa e difesa su un piano di parità, Csm libero dalle correnti, e un magistrato che, quando sbaglia, paga per i suoi errori».
A proposito di magistrati che quando sbagliano dovrebbero pagare, Mario Mantovani, ex berlusconiano che ha traslocato in Fratelli d’Italia, ha chiesto un maxi risarcimento a 10 magistrati milanesi per ingiusta detenzione (41 giorni in carcere e 142 ai domiciliari) quando era vicegovernatore della Lombardia. Anche l’errore giudiziario e la malagiustizia si incrocia inevitabilmente con la separazione delle carriere?
«Altro che! Partiamo dal piano disciplinare – che è una competenza del Csm. Abbiamo registrato dal 2017 al 2024, ben 5933 casi di ingiusta detenzione. Persone che sono state risarcite perché arrestate ingiustamente. Il totale di questi risarcimenti ammonta ad oltre 250 milioni di euro, e sapete quante sanzioni sono state comminate dal Csm per questi errori? Solo 9. Non cambia molto sul piano della valutazione di professionalità: le valutazioni dei magistrati al Csm sono al 99% positive. E sicuramente in quel 99% ci sono quei magistrati che hanno arrestato ingiustamente o che hanno avviato inchieste poi finite con un flop, o hanno visto le loro sentenze sistematicamente ribaltate. Dietro a questi numeri c’è lo strapotere delle correnti, che si sorreggono tra loro: se sono tutti bravi o bravissimi quando qualcuno deve essere nominato ai più alti incarichi le correnti hanno mano libera».
Restando sul tema delle correnti, a far discutere è il sorteggio al Csm per spezzare questa degenerazione che affligge la magistratura. Oltre il tema delle correnti scoperchiate dal vaso di Pandora del caso Palamara c’è il tema delle porte girevoli e delle toghe fuori ruolo. Anche in questo caso occorre intervenire con urgenza?
«Io sono perché ognuno sia al suo posto nell’assetto costituzionale che ha il nostro Paese. Il Parlamento fa le leggi, l’esecutivo Governa e la magistratura le applica. Se esponenti del potere giudiziario si insinuano nella pancia dell’esecutivo, soprattutto al ministero della Giustizia e nei gangli del potere legislativo come nel caso di molte commissioni parlamentari, c’è una sovrapposizione di ruoli e non più una separazione. L’equilibrio dei poteri è garantito anche dal fatto che ciascuno stia al suo posto. La politica non deve condizionare il lavoro dei magistrati, i magistrati non devono condizionare il Parlamento. Ognuno deve svolgere il ruolo che gli è stato assegnato dalla Costituzione».
Con il referendum ci sarà un proliferare di concetti per slogan. L’ex governatore della Puglia Nichi Vendola commentando la separazione delle carriere afferma che “vogliono una giustizia a due velocità, feroce con i poveri e garantista con i ricchi”. Cosa ne pensa?
«Io penso che sia l’esatto opposto, perché questa riforma è fatta soprattutto a tutela dei più deboli, del cittadino comune che si trova stritolato dall’ingranaggio giudiziario anche quando è innocente. Ed è quel cittadino che perde il lavoro, che ha i rapporti affettivi logorati dalla vicenda giudiziaria, che ha l’immagine la reputazione e la credibilità incrinati e non regge molti anni una vicenda processuale che gli distrugge la vita. Chi è più strutturato resiste, chi è debole soccombe».











