L’attore svedese, volto iconico del cinema di Visconti, si è spento a Stoccolma a 70 anni. Divenne celebre per il ruolo di Tadzio in Morte a Venezia, un successo che segnò la sua vita tra fama, bellezza e dolore
Sono stati gli autori del documentario a lui dedicato nel 2021, Kristina Lindström e Kristian Petri, a dare la notizia della scomparsa di Björn Andrésen, morto a Stoccolma all’età di 70 anni. Il mondo lo ricorda come il volto indimenticabile di “Morte a Venezia”, il capolavoro di Luchino Visconti del 1971. Andrésen lascia due nipoti e la malinconia di una vita segnata da una bellezza che è stata dono e condanna.
L’angelo di Visconti
Nel film tratto dal romanzo di Thomas Mann, Andrésen vestiva i panni di Tadzio, il quattordicenne che incarna il sogno romantico e impossibile del protagonista interpretato da Dirk Bogarde.
Aveva appena sedici anni quando il regista italiano lo scelse, dopo aver visto una sua foto: la bellezza eterea, i capelli biondi e lo sguardo magnetico lo trasformarono in un’icona mondiale.
La fama e il trauma
Il successo al Festival di Cannes fu travolgente: pubblico e critica rimasero stregati da quel volto “angelico”. Ma per Björn quell’esperienza fu tanto importante quanto traumatica.
Visconti lo definì “il ragazzo più bello del mondo”, un’etichetta che divenne un marchio ingombrante. Da allora Andrésen cercò di smentire l’immagine di icona gay che gli era stata cucita addosso, rifiutando ruoli che potessero confermarla.
Raccontò come un “inferno” la serata in un bar gay in cui Visconti lo portò dopo la proiezione del film, dove si sentì oggetto di attenzioni indesiderate.
Un’infanzia segnata dal dolore
Nato a Stoccolma il 26 gennaio 1955, Björn non conobbe mai il padre. La madre, dopo averlo affidato ai nonni materni, si suicidò quando lui aveva solo dieci anni.
Fu la nonna a spingerlo verso il mondo dello spettacolo: prima come modello, poi come attore. Il suo debutto avvenne nel film A Swedish Love Story di Roy Andersson (1970), che attirò l’attenzione di Visconti.
Dalla musica al cinema d’autore
Dopo l’esperienza di Morte a Venezia, Andrésen scelse di dedicarsi alla musica, sua vera passione, formandosi alla Adolf Fredrik’s Music School. Pur non abbandonando del tutto il cinema – con oltre venti titoli, tra cui l’horror d’autore Midsommar (2019) di Ari Aster – trovò nella musica un rifugio creativo e umano.
Nel 2021 tornò a raccontarsi nel documentario The Most Beautiful Boy in the World, che riprende la definizione data da Visconti e ne esplora il peso psicologico.
Una star in Giappone
Negli anni Ottanta e Novanta divenne una celebrità in Giappone, dove si esibì con la Sven Erics dance band e partecipò a spot pubblicitari.
Si narra che il suo primo arrivo a Tokyo fosse accolto da folle adoranti, in una scena degna dei Beatles. Si ritiene anche che la fumettista Riyoko Ikeda si sia ispirata ai suoi lineamenti per creare il personaggio di Lady Oscar.
Una vita tra arte e malinconia
Nel 1983 Andrésen sposò la poetessa Susanna Roman, da cui ebbe due figli, Robine ed Elvin. Ma la tragedia tornò a colpirlo con la morte del piccolo Elvin a soli nove mesi, evento che portò alla separazione della coppia.









