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Dazi, accordo Usa-Ue al rush finale. Giorgetti: «Accelerare»

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen

Incontro tra Sefcovic e Besset per trovare una quadra. Giorgetti: «Il costo sicuro è l’incertezza». Von der Leyen: «Ogni opzione è sul tavolo»

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Accelerare. Manca una manciata di giorni e l’obiettivo è quello di chiudere velocemente la partita dei dazi. Forse già nel fine settimana. La trattativa tra la Ue e gli Usa è ormai al rush finale. Ieri il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, ha incontrato il segretario di Stato al Tesoro, Scott Bessent, e i negoziatori, di Donald Trump, Jamieson Greer e Howard Lutnick.

Sefcovic ha ribadito la linea di Bruxelles: un accordo commerciale equo per entrambe le parti. Secondo quanto ha dichiarato Bessent si lavorerà «diligentemente» nel weekend. La soluzione di dazi al 10% al momento è la più gettonata, almeno come punto di partenza. Per la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, «è un compito molto esteso e complesso, stiamo puntando su un accordo di principio, è quello che anche la Gran Bretagna ha fatto». Von der Leyen ha però aggiunto che Bruxelles è pronta anche al piano B qualora non si trovasse con l’amministrazione Trump un punto di incontro: «Vogliamo l’intesa, ma ogni opzione è sul tavolo per tutelare gli interessi europei».

Un invito a fare presto è arrivato dal cancelliere tedesco Friedrich Merz, che sta premendo da tempo per «una soluzione rapida e semplice». Anche il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha esortato a stringere i tempi perché – ha detto, intervenendo ieri all’assemblea dell’Unione italiana vini (Uiv) – «il costo sicuro, immediato, è quello dell’incertezza, se il negoziato dura troppo tempo produce danni seri ed è per questo motivo che sulle tariffe americane avevo caldeggiato un compromesso onorevole per mettere subito fine all’incertezza, che permane e permarrà forse anche la prossima settimana».

Giorgetti ha fatto anche notare che il deprezzamento del dollaro è una forma di «dazio implicito» e comunque ha invitato a valutare tutte le carte sul tavolo e cioè i dazi, la tassazione internazionale, su cui è stato raggiunto un faticoso compromesso, e il dollaro. Per il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, servono certezze: «All’inizio i negoziati sono stati burrascosi anche per i toni che qualcuno ha usato, oggi che si sta ragionando nel merito – ha spiegato – secondo me si può arrivare a una soluzione di compromesso, come deve avvenire sempre in una trattativa». Lollobrigida vede infatti una maggiore disponibilità da parte americana. Una visione nel complesso segnata dall’ottimismo.

Così come quella del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha riconosciuto che il confronto con gli Usa non è facile, «sarà un braccio di ferro, ma voglio essere ottimista». Ma il sentiment del mondo produttivo è un po’ diverso. Per Farmindustria l’obiettivo è zero dazi oppure l’esclusione delle produzioni farmaceutiche dalle nuove tariffe doganali. Il compromesso al 10% non convince il presidente dell’associazione, Marcello Cattani, che ha parlato senza mezzi termini di «una sconfitta dall’impatto di circa 2,5 miliardi». Si tratta, ha sottolineato Cattani, di un settore particolare: «le interconnessioni tra Europa, Italia e Stati Uniti nella produzione e lavorazione del ciclo di vita dei farmaci e vaccini sono multiple, quindi è complesso applicare un sistema di dazi che avrebbe solo ripercussioni negative per tutti noi».

Ma la farmaceutica non è la sola a rivendicare un trattamento speciale, anche il mondo del vino è sulla stessa lunghezza d’onda. Il direttore centrale per la Politica Commerciale internazionale del ministero Affari esteri, Alfredo Conte, ha infatti auspicato che il livello dei dazi sia il più basso possibile per il settore vitivinicolo. E l’analisi dell’Unione Italiana Vini ha evidenziato come anche con tariffe al 10% l’impatto sul settore sarebbe pesante. Le aziende, ha detto il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti, hanno stimato che il mix dazi e svalutazione del dollaro porterà a un calo del 10-12% del fatturato realizzato oltreoceano. Per Castelletti in questa fase è necessario diversificare gli sbocchi e non tentennare più «su scelte importanti come il Mercosur».

I dazi restano dunque una grande incognita per il futuro di un settore “virtuoso” che un report realizzato da Mediobanca ha definito a forte dimensione familiare. Ma che presenta anche alcune criticità a partire da una minore redditività rispetto ad altri settori dell’alimentare. Tanti i nodi da superare dunque. Mentre dalla Casa Bianca si continuano ad annunciare intese. Dopo la Cina ieri Trump ha reso noto di aver raggiunto un accordo commerciale con il Vietnam che però non è piaciuto a Pechino. Mentre con il Giappone le trattative sono in fase di stallo perché il riso ha fermato gli ingranaggi.

Alla base del contendere infatti l’opposizione di Tokyo alle importazioni di chicchi dagli Stati Uniti. Tanto è bastato per scatenare la solita polemica del presidente americano che ha citato il caso del Giappone come esempio «di quanto certi Paesi si siano montati la testa con gli Stati Uniti: non accettano il nostro riso, eppure hanno una carenza immensa». Un ennesimo episodio che conferma la delicatezza del confronto con i negoziatori di Trump. Basta un tentennamento per scatenare la furia del tycoon che passa con leggerezza dall’affabilità alla dichiarazione di inimicizia.

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