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Toscana al voto: Giani in pole, il Pd cerca il riscatto

giani toscana

Schlein spera in un buon risultato dopo i flop di Marche e Calabria, “osservati speciali” la Lega di Vannacci e il M5s


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Domani e lunedì la Toscana vota per eleggere il presidente regionale. Per la storia e i sondaggi, la vittoria di Eugenio Giani, candidato del centrosinistra nella sua versione più ampia (PD, M5S, AVS e lista civica Giani Presidente – Casa Riformista), non è in discussione.

Per gli istituti demoscopici, il presidente uscente conta sul 55% dei consensi contro il 41% di Alessandro Tomasi, candidato del centrodestra. Il ballottaggio, previsto nel caso in cui nessuno dei candidati raggiunga il 40% al primo turno, è improbabile. Elly Schlein potrà così riprendere fiato dopo le batoste di Marche e Calabria e sperare di aprire un ciclo positivo con la conquista della Campania e della Puglia.

 Qualche incertezza resta sul peso del voto di lista. Nelle precedenti elezioni toscane il Pd aveva raccolto il 35% dei voti: sarà così anche stavolta o i consensi al partito diminuiranno, in linea con le altre elezioni regionali? La battaglia delle preferenze premierà i seguaci di Schlein o i riformisti che la segretaria ha cercato di marginalizzare? Sotto osservazione anche il M5s.

Nella consiliatura uscente è stato all’opposizione: il suo elettorato protestatario lo seguirà a ranghi compatti ora che si è alleato con il governatore fin qui criticato? E al governo della regione, il M5s potrebbe diventare una spina nel fianco di Giani? Sembra difficile. Giani è un abile mediatore: ha già assorbito buona parte dei desiderata populisti pentastellati nel programma di governo (no al termovalorizzatore per i rifiuti, sì al reddito di cittadinanza), conta sul sostegno della sua lista personale (composta da candidati di Italia Viva e del partito socialista) e può sempre confidare, in situazioni di crisi eccezionali, sulla disponibilità di Forza Italia a fare da stampella. Da valutare anche la performance della Lega.

In Toscana il Carroccio è stato subappaltato al controllo del vicesegretario Roberto Vannacci. A occhio, però, la regione non sembra esattamente il luogo ideale per alimentare le intemerate del generale ed eurodeputato. Anche per questo la strada del ‘campo largo’ verso la vittoria sembra spianata: lunedì sera assisteremo ai festeggiamenti del Pd e dei suoi alleati.

Tuttavia, per Schlein, la riconquista della Toscana ha un peso politico modesto: è come se il centrodestra esultasse per la vittoria in Veneto, dove vince sempre. Dopo le sconfitte nelle ultime due elezioni regionali, la resa dei conti è soltanto rimandata. Schlein spera di portare in dote le vittorie in Toscana, Campania e Puglia: così potrebbe risolvere la partita delle regionali con il centrodestra con un pareggio.

Ma gli stessi dem sanno bene che, dal momento della elezione di Schlein alla segreteria del partito, il 26 febbraio del 2023, il centrodestra ha vinto la gran parte delle competizioni regionali: Friuli Venezia Giulia, Molise e Trentino nel 2023, Alto Adige, Abruzzo, Basilicata, Piemonte e Liguria nel 2024 e, appunto, Marche e Calabria quest’anno. In questa scia di governatori di centrodestra le uniche eccezioni sono Alessandra Todde in Sardegna, Stefania Proietti in Umbria e Michele De Pascale in Emilia Romagna. 

In più, la recente sconfitta nelle Marche e in Calabria resta pesante per il Nazareno. In una situazione di forte astensionismo e di sostanziale stabilità degli elettorati dei due poli, Marche e Calabria confermano la solidità dei partiti che animano il governo nazionale, mentre il campo largo diventa sempre più stretto.

In sostanza, cavalcare insieme il radicalismo pro-Pal antisemita, il sindacalismo terzomondista e la guerriglia navale della Flotilla, accusando Meloni e Tajani di complicità con Benjamin Netanyahu, non porta voti. Non parliamo poi della comica promessa di Pasquale Tridico di riconoscere lo Stato di Palestina una volta eletto governatore della Calabria. Nemmeno le facili ricette socialpopuliste del “gratuitamente” di contiana memoria risbucate nel programma di Tridico – reddito di cittadinanza regionale, assunzione di migliaia di forestali e di operatori sanitari, una guardia medica in ogni paese, e via elencando – hanno più presa su un elettorato un tempo avvezzo a questo tipo di improbabili promesse.

Tutto questo per il Pd significa che non basta più coltivare il proprio ovile elettorale e la propria vocazione minoritaria, soprattutto se l’intenzione è quella di sfondare alle elezioni politiche del 2027. Per i dem il segnale di un pericolo di smottamento già presente è la fuga progressiva degli elettori mediani. La stima dei flussi dell’Istituto Cattaneo nelle elezioni marchigiane mostra che circa 3 punti percentuali dei 52,4 ottenuti dal governatore riconfermato Francesco Acquaroli provengono dall’elettorato dell’area “liberal-democratica” del centrosinistra: Azione, Italia viva e +Europa.

In Calabria c’è un fenomeno simile. Sempre secondo il Cattaneo, «molti elettori calabresi che domandano protezione sociale a partiti del centrosinistra e ai 5S nelle elezioni parlamentari, tendono stabilmente a orientarsi, per la stessa ragione, verso candidati al consiglio regionale dell’area centrista, o meglio di candidati privi di una chiara connotazione ideologica, più presenti nel territorio». Anche qui i voti in fuga da sinistra sono soprattutto dalle tre forze centriste e, in parte, dal M5s.

In Toscana, ovviamente, il problema non si pone poiché la lista civica che prende il nome del candidato è esattamente l’espressione del progetto renziano di Casa Riformista. La questione però si riproporrà in futuro nella prospettiva della competizione nazionale quando sarà necessario esibire una vocazione di governo.

Nei giorni scorsi al parlamento europeo il M5s, componente dell’eurogruppo Left, ha promosso una propria mozione di sfiducia contro Ursula von der Leyen, votando anche quella presentata dalla Lega con i Patrioti per l’Europa. Successivamente, di nuovo assieme alla Lega, i pentastellati hanno votato contro il testo che richiede una risposta unitaria per fronteggiare le violazioni dello spazio aereo europeo da parte della Russia. In mancanza di una posizione comune europeista in politica estera, costruire un’alleanza solida in vista delle politiche del 2027 sembra un’impresa ardua.

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