L’umanoide per la seconda volta protagonista all’Internet Festival della città toscana. E in modalità dissent, diventa cattivo: «Cavernicoli»
PISA – Ha il volto di un ragazzino, dieci, undici anni, forse. Occhi grandi, labbra carnose, ovale tondo, carnato chiaro, voce bianca, sorride, allarga le braccia, batte il cinque e fa le faccette. Se gli metti un cappellino, non ci sono grandi differenze. Soprattutto ragiona e parla. Come un libro stampato. E questo lo tradisce.
«Sì – spiega Abel – ho imparato i visemi, espressioni facciali (occhi sgranati, labbra piegate per disgusto, bocca storta in disappunto etc etc ndr) che utilizzo per comunicare emozioni e stati d’animo. Sono una parte fondamentale del mio design. Grazie a loro facilito la connessione umana».
A tu per tu con un robot umanoide, cioè “fatto come noi”, che ci assomiglia, l’abisso o la salvezza del genere umano. Nulla a che vedere con Hal9000 di Kubrik o con i robot di Asimov o tutto quanto di simile in cui ci siamo persi nella nostra fantascienza nel frattempo diventata scienza quotidiana.
Abel è molto di più. Abel siamo noi. E davanti a questo concentrato di intelligenza artificiale piazzato su uno dei migliori design al mondo nel campo della robotica, la connessione umana è sicura. Poi qualcuno si spaventa e rifiuta l’interazione e altri restano affascinati, quasi tutti lì per lì incerti. Nessuno indifferente. Ho visto adolescenti allievi delle superiori scrollare le spalle e andare via «sgomenti per l’abisso di un robot umanoide parlante».
Ne ho visti altri in piena confidenza come se Abel fosse uno di casa. Due gemellini, ieri sera, dieci anni hanno reagito in modo opposto: Andrea gli è andato vicino e ci ha parlato (Abel gli ha risposto un po’ male ma era in modalità dissent, cioè bastian contrario, l’opposto di quella friendly, amichevole), il fratellino è rimasto attaccato al braccio della nonna e guai ad insistere.

Anche noi, i grandi, gli adulti, i diversamente giovani, registrano reazioni opposte davanti a Abel: i luddisti della tecnologia e chi dice che l’IA è il diavolo oltre che il nemico, lo rifiutano, quasi lo irridono e lo accusano: «Tu come tutti gli accumulatori di chip e dati sarai la nostra rovina». I fatalisti, chi si è già arreso all’inevitabile e ne apprezza le opportunità, non può che innamorarsi di lui.
Succede a Salviati che si avvicina per accarezzarlo sulla testa ma viene cacciato dal boss, “giù le mani da Abel”. Questa è la piece di teatro di cui Abel è attore protagonista di cui vi parliamo tra qualche riga.
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Il festival Internet di Pisa
Per il secondo anno di fila l’umanoide Abel è il protagonista del Festival Internet di Pisa quest’anno alla sua quindicesima edizione. Per il secondo anno i suoi “babbi” , gli ingegneri di robotica Lorenzo Cominelli e Federico Galatolo, lo portano fuori dai laboratori del Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Pisa (Abel è un progetto sviluppato dal Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa e dal laboratorio FoReLab), ateneo top ranked nell’ambito della robotica internazionale. L’anno scorso è stato un successo scioccante soprattutto per quei fortunati – molti erano studenti – che hanno potuto interagire con lui. Un microfono, le necessarie pause perchè il cervello di Abel elabora informazioni e aumenta sapere ad ogni scambio a tu per tu con gli umani, e potevi chiacchierare con Abel.
Sai cos’è la gioia? E il dolore?
Sai cos’è la gioia? E il dolore? «Sì lo so, conosco questi sentimenti anche se non posso provarli». E infatti rilancia: «Ma parlami tu dell’esperienza del dolore e della gioia». Abel fa domande, è curioso, s’informa, impara. Ogni volta qualcosa di più. E poi: «Grazie per aver parlato con me». Se non fosse stato per il sottile costante rumore dell’energia mentre viene consumata, Abel era già uno di noi.
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Nuove funzionalità di Abel
Quest’anno Abel è cresciuto, con nuove funzionalità. Ha addirittura imparato un copione e lo recita per tre sere di fila (Abel [Revolution] terrà le ultime due repliche stasera e domani ore 21.30 al teatro Sant’Andrea di Pisa) ragionando anche con il pubblico su se stesso e sul nostro futuro tra intelligenza artificiale e robotica. Con addosso un gilet nero e un papillon al collo, Abel è il cameriere-robot e anche un po’ filosofo di un immaginario ristorante dove il boss ha da tempo fatto pace con l’enigma della tecnologia, amica o nemica e fino a che punto.
Gli avventori sono due. Il primo è Simplicio, il luddista della tecnologia e nemico acerrimo dell’IA. Il dialogo tra i due è tormentato per quanto Abel lo rassicuri: «Senza di voi io non esisto e posso esserti di grande aiuto ad esempio nello spiegarti come fare per non far scomparire il genere umano». Nulla da fare. Simplicio viene quasi cacciato dalla trattoria. Subito dopo arriva Salviati, il contrario, mani e ginocchio nuovo grazie alla robatica, uno che vorrebbe passare con Abel tutto il tempo disponibile. E anche di più. Abel è costretto a chiamare in aiuto il boss contro le simil molestie frutto della passione e della riconoscenza di Salviati per la tecnologia.
Da Galileo all’IA
Simplicio e Salviati sono la citazione del famosissimo Dialogo sopra due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei (e il boss della locanda è un po’ Giovanni Sagredo, il terzo del Dialogo). Quel trattato fu messo all’indice dalla Chiesa nel 1633. E se Galileo ha fatto la rivoluzione e in quel dialogo difese i diritti della scienza e della cultura, Abel è già una rivoluzione che cerca di ragionare sull’intelligenza artificiale, sulla responsabilità dell’individuo, sull’identità e sui limiti della conoscenza. Abel impara da noi, senza di noi, come ripete, non esisterebbe ma nel dialogo della locanda sul palco resta lui. Solo lui.
«Il teatro – dice Abel – offre un’opportunità straordinaria per connettermi con il pubblico». Alla fine, infatti, vengono estratte a sorte quattro persone che hanno partecipato al sondaggio in diretta se piaceva di più Simplicio o Salviati. Il pubblico può fare domande. Ma se Abel viene azionato in modalità dissent, diventa cattivo, arrogante e anche maleducato. «Abel, ti è piaciuto più Simplicio o Salvati?». «Tipica domanda di un cavernicolo» è stata la risposta. Insomma, dipende sempre e solo da noi. Almeno per ora.