L’ex premier Matteo Renzi lancia inaugura una nuova casa politica, ma assicura che Italia Viva continuerà ad esistere
Gli oltre trenta punti percentuali di distacco fra il governatore Occhiuto e il candidato grillino del centrosinistra sono più di una sentenza: le campagne radicali – e lo sono state un po’ meno quella di Ricci nelle Marche molto di più quella di Tridico in Calabria – allontanano l’elettorato moderato che resta a casa e non va a votare. Solo il 43% l’affluenza in Calabria.
LEGGI Occhiuto a valanga in Calabria: per i riformisti nelle urne suona la sveglia di A. Barbano
A questo punto il grido-denuncia salito dalla stazione Leopolda di Firenze, casa delle tredicesima convention renziana, sono una coincidenza perfetta: Elly Schlein nella costruzione «testardamente unitaria» dell’alleanza di centrosinistra deve dare spazio in modo credibile ad una proposta centrista-riformista-progressista con pari cittadinanza a quella radicale rappresentata da Pd-M5s e Avs.
Matteo Renzi la chiama «Casa riformista», indica uno spazio e lo mette a disposizione non di se stesso ma di un progetto federativo ampio che sappia cambiare narrazione in nome del «fare politica» e sia consapevole del fatto che «o la Casa Riformista è in grado di contare almeno il 10% oppure il Quirinale diventa la casa sovranista» nel senso che Giorgia Meloni non solo otterrà il secondo mandato ma eleggerà anche il nuovo Presidente della Repubblica.
Il progetto
Casa riformista quindi. Il progetto è lanciato. E deve correre. “Come” lo si è visto nei tre giorni della Leopolda: una politica riformista, ha detto Renzi, «vuol dire meno tasse, più sicurezza, più cultura, lavoro pagato meglio, giovani al centro» che sono altrettante proposte di legge che saranno presentate nei prossimi giorni in Parlamento con chi ci sta (già pronta la Start tax, cioè taglio tasse fino a 35 anni).
Più difficile dire con chi costruire e abitare la Casa riformista. Forti indizi arrivano dagli ospiti e dalle presenze nella tre giorni fiorentina: sul palco sono saliti pezzi importanti dei Dem: l’ex ministro e sottosegretario Graziano Delrio, quasi un emozionante ritorno; la deputata ed ex ministro Marianna Madia; Stefano Bonaccini, il presidente del partito, il più applaudito (nonostante le critiche dell’ultimo periodo).
Presente in blocco il “partito” dei sindaci: Gualtieri, Sala, Manfredi, Palazzi sindaco di Mantova, Possamai sindaco di Vicenza, Flavio Stasi, il giovane ingegnere sindaco di Corigliano-Rossano, civico e vicino a Avs, che Renzi avrebbe voluto candidare alla guida della Regione al posto di Tridico. E poi altri “federatori” di società civile – e stanca e delusa – come l’assessore a Turismo e sport della Capitale Alessandro Onorato.
Il programma
La Casa riformista deve essere costruita. Non contro ma “con” Elly Schlein. Punta ad essere un contenitore e non una somma di sigle con Italia Viva («ma non sarà sciolta» ha promesso Renzi) e poi sindaci, amministratori di liste civiche, associazioni. Un contenitore che dovrebbe attirare gli astenuti e quel voto moderato che non va a votare. E che Tajani, alleato con le destre più estreme, cerca di chiamare a sé. È il vasto programma che il leader di Forza Italia dichiara e coltiva.
«La democrazia è democrazia solo se esiste una concreta alternativa che consenta al cittadino di scegliere. Marche e Calabria dicono che al momento non c’è. E guai immaginare che l’alternativa sia tra il Palazzo e la piazza». Lo ha detto ieri Arturo Parisi, tra i fondatori prima dell’Ulivo di Prodi e poi del Pd. Anche la minoranza riformista del Pd rilancia: un convegno il 24 ottobre a Milano sui temi economici; un altro a Livorno il 31 ottobre sui temi della Difesa e della Sicurezza. “Casa”, “Tenda”, qualcosa si muove. Ma è l’ultima chiamata.