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Cattaneo (Fi): «Sciopero contro le regole e lavoratori onesti»

alessandro cattaneo

Il senatore di Forza Italia parla della Flotilla, del blocco di oggi, dell’intricato scenario internazionale e delle imminenti elezioni regionali

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«Indire uno sciopero con così scarso preavviso è semplicemente fuori dalle regole. La manovra è in dirittura d’arrivo, le priorità sono il taglio delle tasse al ceto medio e gli aiuti alle imprese»: parola di Alessandro Cattaneo, deputato di Forza Italia e membro della Commissione Politiche dell’Unione europea di Montecitorio.

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Onorevole, la vicenda della Flotilla inasprisce un dibattito politico già sufficientemente acceso. La premier Meloni dice che “weekend lungo e rivoluzione non possono stare insieme”, Landini si dice offeso. Lei come valuta l’iniziativa dello sciopero? E, dal suo punto di vista di moderato, Meloni avrebbe dovuto usare toni diversi nel giudicare questa iniziativa?

«Indire uno sciopero con così scarso preavviso è banalmente fuori dalle regole e crea disagi ai cittadini, in particolare ai lavoratori onesti. Non si capisce, tra l’altro, come uno sciopero possa concretamente contribuire a risolvere la questione palestinese. Quindi Meloni ha fatto bene a prendere posizione sulla circostanza che Landini, ormai vero leader del centrosinistra, sfrutta per fare opposizione al governo».

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Intanto la Camera ha approvato la risoluzione a sostegno del piano di pace proposto da Trump per Gaza. Due aspetti, però, rendono quel piano di difficile attuazione: Israele non vuole ritirare le sue truppe da tutta la Striscia, ma solo da alcune zone, e ritiene la liberazione degli ostaggi una pre-condizione per l’attuazione della roadmap. Crede davvero che questa strategia, con così tanti nodi da sciogliere, porterà alla fine delle ostilità?

«L’approvazione della risoluzione è un risultato importante. Il piano di Trump, d’altra parte, ha trovato ampia condivisione anche da parte dei Paesi arabi e della Santa Sede. E l’Italia fa bene a sostenerlo. Certo, la liberazione degli ostaggi israeliani è pre-condizione per l’attuazione di quella strategia: chi tiene quelle persone prigioniere nelle viscere di Gaza deve fare un gesto chiaro che testimoni la volontà di mettere fine alle ostilità. Mi auguro che si guardi agli aspetti unificanti per far tacere le armi una volta per tutte».

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I leader europei riuniti a Copenaghen non sono riusciti a nascondere le divisioni interne su temi strategici come la difesa: non teme che una Unione europea così evidentemente spaccata sia destinata all’irrilevanza o a un ruolo ancillare rispetto agli Stati Uniti?

«Credo che l’Europa, pur con tutti i suoi limiti, abbia svolto e continui a svolgere un ruolo importante. Anche sulla guerra in Ucraina, l’Europa è riuscita a mantenere una linea di coerenza nel sostegno a Kiev, pur tra mille discussioni e seguendo percorsi spesso lunghi e farraginosi. D’altra parte l’Unione è composta da quasi trenta Stati con trenta Parlamenti e trenta opinioni pubbliche con cui bisogna democraticamente confrontarsi. Quindi la penso come Churchill: la democrazia sarà pure imperfetta, ma va difesa e sostenuta. Oggi la vera competizione è tra chi difende democrazia e libertà e chi, invece, non pratica né garantisce quei valori irrinunciabili».

Passiamo alle vicende di casa nostra. Il centrodestra è galvanizzato dal successo nelle Marche ma, a meno di due mesi dal voto, non ha ancora scelto i candidati alla presidenza di Veneto, Campania e Puglia. Come se ne esce?

«Siamo contenti del risultato ottenuto nelle Marche, frutto dell’ottimo lavoro svolto da Acquaroli che si è occupato dei problemi dei marchigiani. Ricci ha sbagliato a impostare la campagna elettorale sulla questione di Gaza: i marchigiani vogliono sapere quali sono le ricette per risolvere i problemi del loro territorio, non altro. Ora confidiamo in un ottimo risultato anche in Calabria dove il candidato presidente è Roberto Occhiuto, vicesegretario nazionale di Forza Italia, esempio di buona amministrazione e soprattutto di un Sud che non si piange addosso ma dimostra capacità di innovare e crescere. Siamo prossimi a definire le candidature anche nelle altre regioni, dove abbiamo una classe dirigente all’altezza delle sfide dei territori e quindi puntiamo a vincere. Ovviamente siamo quattro partiti in coalizione e dobbiamo negoziare. Noi siamo abituati a farlo. I nostri avversari, invece, sono un cartello elettorale che punta soltanto a battere il centrodestra ma che si fonda sul nulla. Fico insieme con De Luca in Campania è un po’ come Frankenstein, mentre in Puglia sono evidenti le difficoltà di Decaro che è ostaggio dei presidenti che l’hanno preceduto».

Forza Italia fa segnare ottimi risultati in Valle d’Aosta e Marche, crescendo quasi ovunque. Come nasce questo risultato? Liberali, moderati e riformisti vogliono tornare a far sentire la propria voce?

«Siamo molto soddisfatti dei risultati in Valle d’Aosta e nelle Marche dove abbiamo proposto liste competitive. Forza Italia cresce perché si colloca politicamente nella miglior area possibile, cioè al centro del centrodestra. Il che significa rappresentare i valori liberali, cristiani, garantisti ed europeisti. Anzi, credo che questa identità vada rafforzata e che Forza Italia debba far sentire la propria voce all’interno della coalizione, sempre nel rispetto delle opinioni degli alleati, perché essere liberali in economia significa indicare una prospettiva di sviluppo, essere garantisti significa difendere i diritti e la libertà, essere europeisti è la chiave per assicurare pace e crescita al Paese e all’intero continente per i prossimi decenni».

Dopo le regionali sarà la volta delle comunali, a cominciare da quelle di Milano. Letizia Moratti, sua compagna di partito, spinge per un candidato sindaco civico: è una soluzione che condivide?

«A Milano le sfide da affrontare sono tre: salva-Milano, stadio e prossimo sindaco. Certo, lì ci sono figure civiche straordinarie che possono ben guidare l’amministrazione cittadina. Ma non dobbiamo dimenticare che Forza Italia è nato lì e può vantare profili politici autorevoli in vista delle comunali. L’importante è che il candidato sia competitivo e credibile e che la coalizione resti unita. Anzi, l’unità del centrodestra è pre-condizione per vincere qualsiasi competizione elettorale».

Nel frattempo, in Parlamento, si discute della manovra: quali sono le priorità, secondo Forza Italia?

«La priorità dev’essere il taglio delle tasse al ceto medio che per troppo tempo è stato vessato, ha pagato per tutti e visto la propria capacità di spesa diminuire progressivamente. L’obiettivo è ridurre le tasse dal 35 al 33% sui redditi fino a 60mila euro. Senza dimenticare, ovviamente le imprese: Forza Italia spinge per la detassazione degli straordinari e dei premi di produzione oltre che per misure che aiutino le aziende ad affrontare il caro energia. La nostra ossessione è la crescita e quest’ultima può essere realizzata soltanto attraverso misure di sostegno a ceto medio e imprese».

La manovra contrappone la Lega, che spinge per il cosiddetto “pizzicotto” alle banche, e Forza Italia, contraria a qualsiasi forma di prelievo: chi la spunterà?

«Non proteggiamo le banche perché siamo schierati con i poteri forti, ma perché difendiamo il principio del libero mercato. Ogni iniziativa che interferisca con questo principio si rivela inefficace e inutile, se non addirittura controproducente. Basti pensare che, ogni qual volta si parla del prelievo sulle banche, i titoli e la Borsa crollano. E in Borsa ci sono i risparmi di milioni di italiani. Oggi la vera forza del Paese sono la credibilità e l’affidabilità a livello finanziario che valgono decine di miliardi di euro in termini di minori interessi sul debito e maggiore capacità di attrarre investimenti. Quindi credibilità e affidabilità valgono ben più di quanto una misura spot come il “pizzicotto” alle banche potrebbe garantire: teniamoci stretti quei due valori».

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