Camera e Senato danno l’ok alle risoluzioni per piano di Trump per la pace a Gaza. Le opposizioni si astengono ed elogiano Tajani e Crosetto
Sul piano di pace per Gaza le posizioni non sono poi così diverse tra l’emiciclo di destra e quello di sinistra. È una “speranza” dicono da destra. È uno “spiraglio” dicono da sinistra. Il problema è tutto quello che c’è in mezzo, il destino della Palestina, il governo di Israele, la presenza di Hamas, il ruolo gli attivisti, le piazze, gli scioperi, il sentiment verso un governo che con una mano cerca di unanimità e con l’altra umilia il dissenso, le piazze, attivisti scioperi e manifestazioni.
Alla fine, come previsto, l’incomunicabilità resta. Meno del previsto, meno dei proclami e degli slogan, ma resta. Con alcune variabili da sottolineare: Azione di Calenda e Luigi Marattin hanno firmato la mozione del governo a favore del Piano Trump; Italia Viva di Matteo Renzi ha presentato un proprio testo a favore del Piano («unica speranza in questo momento a cui abbiano il dovere di credere») che è stato votato dalla maggioranza e da un pezzetto, piccolo, di Pd (quattro deputati e quattro senatori tra cui Sensi, Casini, Del Rio).
Il resto del Pd, 5 Stelle e Avs si sono astenuti. Un accordo raggiunto a fatica e conservato fino alla fine con ancora più fatica. Ma se dici No a quel piano il rischio di essere confusi con Hamas è troppo alto. E solo questo, alla fine, ha trattenuto Schlein, Conte e Fratoianni dal votare contro.
Giornata di comunicazioni al Parlamento del ministro Tajani. Richiesta nata una settimana fa dopo l’attacco dei droni israeliani sulle barche della Flotilla. Le opposizioni avevano chiesto Meloni, la premier ha mandato Tajani che ormai ha sviluppato una tecnica speciale nel fare il punching ball. In una settimana la situazione si è “arricchita” per l’intrecciarsi di due fatti laterali al Piano ma sostanziali rispetto al dossier Gaza: la conclusione della missione della Sumud con barche ed equipaggi sequestrati dalla Marina militare israeliana; l’attesa, ad horas, della risposta di Hamas al Piano di tregua che preferiamo chiamare Blair-Kushner-Trump anziché solo Trump e che vede coinvolti – è la grande novità – tutti i paesi arabi. Una discussione molto importante che avrebbe dovuto svolgersi senza ideologie e strumentalizzazioni e che invece ne è stata ostaggio dall’inizio alla fine. E questo anche perché da un paio di settimane la Presidente del Consiglio attacca attivisti e manifestanti. Ieri anche il diritto di sciopero.
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«Basta strumentalizzazioni dettate dalle beghe interne», ha tuonato la senatrice Unterberger che guida il movimento delle Autonomie, non certo una pericolosa accolita di estremisti. «Questo dibattito, al Senato come stamani alla Camera, non è, come dovrebbe invece essere, su cosa fa il Parlamento italiano per trovare soluzioni per la pace, su cosa fa la politica per raggiungere gli obiettivi – ha cercato di invitare al ragionamento Matteo Renzi – bensì su se, come e quanto ci indigniamo sulle ragioni degli attivisti della Flotilla, su chi fa sciopero e su chi va in piazza. Questo non è il nostro compito, noi qui siamo pagati per risolvere i problemi». Da destra ascoltano, dal Pd applaudono. Però poi succede il contrario. Basta leggere i testi delle risoluzioni messe in votazione – due della maggioranza (piano Gaza e riconoscimento condizionato allo stato di Palestina) e due delle opposizioni (Azione è confluita su maggioranza ma solo per il piano di pace) – per capire che l’obiettivo era politico: la maggioranza voleva “spaccare” le opposizioni (gioco facile sulla politica estera) e le opposizioni non potevano darla vinta alla maggioranza.
Dopo aver aggiornato il Parlamento su cosa stava succedendo nel mar Mediterraneo di fronte e Gaza («40 gli italiani fermati, abbiamo fatto il nostro dovere nel garantire un trattamento non violento») e dopo aver elencato le «numerose missioni umanitarie concluse dal governo in questi tre anni grazie ad un inteso lavoro diplomatico», Tajani ha fatto appello per avere «il voto unanime del Parlamento sul Piano per Gaza» aggiungendo che lo Stato di Palestina (di cui non si parla nel piano Trump) «è il nostro obiettivo». Fin qui è andato tutto abbastanza bene. Anzi, da segnalare che Tajani e Crosetto (Difesa) seduto accanto a lui si sono presi gli elogi anche da Pd e 5 Stelle per la gestione della Flotilla. Clima disteso. Sono le dieci del mattino. Poi però succede qualcosa.
Meloni a Copenaghen
Giorgia Meloni è a Copenaghen per un importante vertice europeo e alle 10, Tajani ha appena terminato le comunicazioni, fa le seguenti dichiarazioni: «Abbiamo garantito supporto ai manifestanti come era doveroso fare, dopo di che osservo che la loro missione non ha portato alcun beneficio al popolo palestinese ma porterà molti disagi al popolo italiano per una questione che mi pare centri poco con la vicenda palestinese. Mi sarei aspettata che i sindacati, almeno su una questione che reputavano così importante come la Palestina, non avessero indetto uno sciopero generale di venerdì. Il weekend lungo e la rivoluzione non stanno bene insieme». Dunque, dopo aver detto gli attivisti sono «irresponsabili», che erano «in crociera» e che le piazze «sfruttavano i bambini di Gaza per attaccare il governo», ieri ha aggiunto che i sindacati e tutti coloro che rinunciano ad un giorno di paga, è gente che vuol farsi un weekend lungo spacciandolo per rivoluzione.
Da quel preciso momento, sono circa le 10:20 di ieri mattina, cambia tutto. Le posizioni si irrigidiscono, i toni si radicalizzano. «Cara presidente Meloni, molli la clava, esca dalla sua megalomania e provi a fare la presidente del Consiglio soprattutto ora che si apre uno spiraglio di pace. Smetta di criminalizzare ogni piazza e già le mani dal diritto di sciopero», ha detto Elly Schlein. Giuseppe Conte, leader dei 5 Stelle, ha giudicato a quel punto «ridicolo» l’appello all’unità della maggioranza. «Non possiamo condividere il vostro operato, ci esponete al ridicolo e alla vergogna». Le parole della premier hanno ancora una volta, nonostante Tajani e Crosetto in veste di pompieri, incendiato il dibattito. La hanno radicalizzato.
Tattica o strategia? Ieri sera le piazze si stavano riempiendo di nuovo. Oggi e domani saranno giorni ad alta tensione. Il movimento pro-Pal e i sindacati sanno di dover vincere la scommessa di evitare incidenti, isolare i violenti e sbarrare la strada agli infiltrati.