Le elezioni nelle Marche, la prima delle sei grandi sfide autunnali, danno qualche indicazione sulla tenuta del centrodestra e sulla fatica del campo largo a costruire una solida base di consenso. Commentiamo i risultato con Salvatore Vassallo, professore di scienza politica all’Università di Bologna e direttore dell’Istituto Cattaneo.
Professore, il dato dell’affluenza colpisce. Come lo spiega?
«Al contrario di quanto quanto si aspettavano i leader di entrambi gli schieramenti, queste elezioni non hanno mobilitato i cittadini. Sappiamo che c’è un calo costante della partecipazione, soprattutto alle regionali. Ma il calo è ancora più drastico di quanto ci si potesse aspettare. Questo segnala che la politicizzazione su temi nazionali non ha favorito la partecipazione».
Il candidato del centrosinistra Ricci aveva detto che se fosse stato eletto il suo primo atto sarebbe stato il riconoscimento della Palestina. La politicizzazione era quindi anche su temi internazionali.
«Certo, mi riferivo a tutti i temi che devono essere trattati su un piano di politica nazionale. Questi temi normalmente non sono oggetto di attenzione da parte degli elettori che stanno per votare alle regionali. A prima vista, mi pare comunque che il risultato sia in linea con una previsione basata su ciò che abbiamo visto a tutte le amministrative dal 2022 in poi e soprattutto dalle Europee del 2024. Si conferma una sostanziale stabilità dell’elettorato e questo vale anche per risultati apparentemente inattesi come il successo del centrosinistra a Genova».
Perché i marchigiani hanno scelto per la continuità?
«Quella alla continuità di governo è una tendenza tipica nelle elezioni regionali. In questo caso ha pesato anche il fatto che ci sono risorse per la regione, come quelle legate al Pnrr, che possono essere sbloccate e che quindi determinano attese di continuità amministrativa».
Le attese della vigilia erano però quelle di un testa a testa.
«Erano basate sulla percezione della popolarità dei due candidati o sulla scommessa che alcuni temi avrebbero potuto mobilitare l’elettorato. L’impressione è che il centrosinistra non abbia vinto questa scommessa».
Il risultato nelle Marche è un fallimento del campo largo?
«Il campo largo ha fatto quello che poteva. Anche in questo caso l’aspettativa di un risultato migliore era basata sulla semplice congettura che Ricci fosse più popolare di Acquaroli. Si confondeva la maggiore visibilità e la maggiore efficacia comunicativa con il fatto che Ricci fosse un attrattore di consensi popolari. Ma il risultato nelle Marche non è poi tanto distante dalla percentuale a cui il campo largo è arrivato alle Europee. Certo, il campo largo ha dimostrato di non essere espansivo».
A destra invece colpisce il tonfo della Lega. Anche il Carroccio paga il fatto di aver giocato una partita regionale su temi nazionali?
«Sicuramente l’idea che la somma di Salvini e Vannacci porti a una ricrescita di voti per ora è stata clamorosamente smentita».
Crede che la tendenza emersa da queste elezioni sarà confermata nelle prossime sfide regionali?
«Nelle altre regioni non mi aspetto risultati diversi da quelli prevedibili. È chiaro che è più difficile prevedere cosa accadrà in Calabria dove, in termini di elettorato nazionale, le distanze sono più risicate, ma credo che anche in quel caso si vada verso una conferma del centrodestra. In Veneto non c’è storia».
Quindi la sfida si gioca in Campania e Puglia?
«Sono sicuramente regioni in cui il centrosinistra ha più possibilità: solo clamorosi errori nella campagna elettorale possono impedire al campo largo di ottenere il risultato. Campania e Puglia saranno però anche il vero test politico, perché sono due regioni in cui la forza del campo largo è aritmeticamente determinata dalla capacità di sommare il centrosinistra tradizionale e i cinquestelle, che soprattutto in Campania sono molto forti. Sarà un dato importante in vista delle politiche, perché la forza del centrosinistra si misurerà sulla sua possibilità di conquistare i collegi uninominali al sud, posto che la legge elettorale rimanga quella in vigore».