Home / Mondo / La “maggioranza fragile” di Trump alla prova del Big Beautiful Bill

La “maggioranza fragile” di Trump alla prova del Big Beautiful Bill

il presidente usa donald trump
di

Il tanto atteso emendamento passa al senato solo per un voto e segnala le spaccature ideologiche presenti tra i repubblicani di Trump


Il prossimo 4 luglio non sarà solamente il 249esimo anniversario dell’indipendenza americana, ma anche la data ultima che il Presidente Donald Trump ha autoimposto al partito repubblicano per approvare il piano di bilancio trionfalmente chiamato “One Big Beautiful Bill” (Obbb). Questa legge, tornata al Congresso dopo l’approvazione in Senato, sta diventando una vera e propria “mela della discordia” per il partito repubblicano, prima il litigio fra Trump e Musk (dovuto proprio al Big Beautiful bill) poi i franchi tiratori all’interno del partito, che sia al Congresso che al Senato hanno votato contro la legge promossa dal presidente.

51 a 50, questa la maggioranza con cui il Senato americano ha approvato l’1° luglio l’Obbb, con il voto decisivo del Vicepresidente americano J.D. Vance. Ma perché così tante divisioni? La legge introduce un taglio massiccio alle tasse, prorogando in modo permanente i tagli introdotti dal Tax Cuts and Jobs Act del 2017. L’Obbb elimina inoltre le tasse su mance e straordinari, incrementa la spesa per difesa di 150 miliardi e stanzia circa 70 miliardi per sicurezza e controllo delle frontiere, comprensivi di barriere, personale aggiuntivo e tecnologie di sorveglianza, con l’obiettivo di deportare fino a un milione di persone ogni anno. Per finanziare (ma solo in parte) queste misure, l’Obbb introduce tagli massicci a Medicaid (fino a 930 miliardi nei prossimi 10 anni), impone requisiti di lavoro, restringe l’accesso al welfare per i più abbienti, con potenziali effetti di perdita della copertura sanitaria per oltre 10 milioni di americani.

Ma la maggior parte delle spese del One Big Beautiful Bill semplicemente non hanno coperture, e saranno quindi finanziate a debito, andando così ad aumentare il già gargantuesco deficit di bilancio del governo americano. Diamo qualche dato: secondo le stime del Congressional Budget Office questa legge provocherà un incremento del deficit di bilancio compreso tra 2,4 e 3,3 trilioni di dollari nei prossimi dieci anni, con cui naturalmente andrà a braccetto un aumento del debito pubblico (ora al 124% del Pil), che alcuni analisti indipendenti stimano di circa 3,4 trilioni di dollari nel prossimo decennio. Per ovviare a questo, la legge prevede anche un aumento del tetto del debito consentito per 5 trilioni.

Le defezioni illustri al Senato e alla Camera

È proprio qui che sta l’inghippo, perché l’Obbb ha finito per spaccare profondamente il partito repubblicano, rivelando le fratture ideologiche che attraversano il Grand Ol’Party e che Trump, nonostante la sua indiscutibile leadership, non è riuscito a sanare. La maggioranza di 53 senatori repubblicani si è rivelata più fragile del previsto: con soli tre voti contrari fra i repubblicani, la legge ha rischiato seriamente di naufragare.

Al Senato, tre persone hanno apertamente sfidato Trump votando contro il provvedimento. Rand Paul del Kentucky, veterano dell’opposizione libertaria, ha mantenuto la sua posizione di principio contro l’aumento del tetto del debito. Paul, noto negli ambienti trumpiani come “Mr. No”, ha posto come condizione irrinunciabile la rimozione della clausola sull’innalzamento del tetto del debito dalla legge.

Thom Tillis, della Carolina del Nord, ha invece concentrato le sue critiche sui tagli a Medicaid, accusando Trump di rompere le promesse elettorali: «Come posso spiegare a 663.000 abitanti della Carolina che perderanno Medicaid quando Trump rompe la promessa spingendoli fuori dal programma?». La sua opposizione gli è costata cara: dopo aver annunciato il voto contrario, Tillis ha deciso di ritirarsi dalla corsa per la rielezione del 2026, evidentemente sotto la pressione delle minacce di Trump di sostenere un suo avversario nelle primarie repubblicane.

Anche alla Camera dei Rappresentanti l’Obbb ha rivelato le crepe del partito repubblicano. Con una maggioranza risicata di 220 a 212, i repubblicani non potevano permettersi più di tre defezioni. Alla fine, solo due rappresentanti hanno votato contro: Thomas Massie del Kentucky e Warren Davidson dell’Ohio.

Thomas Massie, definito sarcasticamente da Trump “Rand Paul Junior”, ha subito attacchi feroci dal Presidente, che, anche in questo caso, ha minacciato di sostenergli un avversario nelle primarie: «Massie sarà storia, avrà un grande avversario che vincerà. Un sondaggio appena uscito mostra che chiunque io sostenga contro Massie, Massie perde di 25 punti». Nel partito Repubblicano di Trump l’eterodossia non è tollerata.

Il bbb mette in mostra le due anime dei repubblicani

Ma il caso più eclatante è quello di Marjorie Taylor Greene, della Georgia, sicuramente una delle più fedeli sostenitrici di Trump, sin dalla prima ora. Inizialmente la Greene aveva votato a favore del provvedimento alla Camera, ma successivamente ha annunciato che cambierà voto quando la legge tornerà in aula dopo le modifiche del Senato. Il motivo? Una clausola che impedisce agli stati di legiferare sull’intelligenza artificiale per dieci anni, che la Greene considera «una violazione dei diritti degli stati». «Sono assolutamente CONTRARIA a questo e avrei votato NO se avessi saputo che c’era questa clausola», ha scritto su X, ammettendo di non aver letto completamente il testo di oltre mille pagine.

Queste divisioni riflettono le diverse anime ideologiche che coesistono nel partito repubblicano. Da un lato c’è la componente libertaria e isolazionista, numericamente minoritaria ma ideologicamente coerente, rappresentata da figure come Rand Paul e Thomas Massie. Questi repubblicani, eredi della tradizione del Tea Party, antepongono la riduzione del debito pubblico e la limitazione del ruolo federale a qualsiasi altra considerazione politica. Come ha chiarito Rand Paul: «I repubblicani ora possiedono il debito, e i repubblicani ora possiedono la spesa. Non c’è più da incolpare Biden. Il deficit è completamente di proprietà dei repubblicani dopo questa legge».

Dall’altro lato c’è l’anima nazionalista e populista del movimento MAGA, che pur condividendo alcuni obiettivi dei libertari (come i tagli alle tasse), è disposta ad accettare deficit elevati pur di finanziare le priorità di Trump: muro al confine, deportazioni di massa, e rafforzamento militare. Il paradosso è che Trump, che si era presentato come l’uomo in grado di unificare il partito repubblicano, si trova ora a gestire divisioni che rischiano di compromettere la sua agenda legislativa.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *