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Il governo esulta per i miliardi dell’Europa ma la crescita e i salari non decollano

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«Arrivano i dollari!”: era un vecchio film con Alberto Sordi. Tanta euforia, pochi risultati. Arrivano gli esiti, brindavano ieri a palazzo Chigi per il pagamento della settima rata del Pnrr, cioè 4,6 miliardi di euro in sovvenzioni e 13,7 miliardi in prestiti, così che il nostro Paese ha finora intascato oltre 140 miliardi di euro ricevuti, confermando – come sottolineato dal governo – il primato europeo nell’attuazione del Piano.

La gioia è giustificata perché sono 18,3 miliardi che entrano nelle casse dello Stato tutt’altro che gonfie di euro. È una bella cifra,18,3 miliardi. Ma per fare che? Qui si entra in un territorio piuttosto misterioso almeno per i non addetti ai lavori, cioè praticamente tutti i cittadini.

Si tratta di una questione che è sempre rimasta senza risposta: è meglio concentrare gli interventi su 4-5 grandi priorità o è più conveniente disperdere la spesa in mille rivoli? A giudicare da quello che si è fatto sinora, e verosimilmente verrà ripetuto adesso, si sceglie di spendere per mille cose diverse. È probabile che elettoralmente sia utile così a chi governa.

Però in questo modo i soldi del Pnrr, che in teoria avrebbero dovuto sistemare alcuni comparti disastrati del nostro Paese, in primis la sanità, sembrano quasi gettati alle ortiche: per rifare quella strada, aggiustare quel margine del fiume, attrezzare quell’area, ristrutturare quella stazione ferroviaria. Mille progetti, magari tutti utili, ma alla fine il volto del Paese non cambia: la sanità sta esattamente come durante la pandemia, per dire, eppure si favoleggiava di un sistema sanitario nazionale più capillare e efficiente. Macché. Tuttavia questi soldi sono una manna dal cielo. Anzi da quella Europa che la destra odia.

Dopodiché i soldi del Pnrr (in buona parte, prestiti) finiranno e intanto la nostra economia continua a non star bene: i soldi europei paiono dunque uno zuccherino al malato di febbre alta. Lo dice l’Istat, e l’opposizione lo ricorda: la pressione fiscale sale di mezzo punto, e il carrello della spesa, ovvero il paniere che maggiormente incide sulla vita degli Italiani, tocca una inflazione del 3,1%, decisamente superiore alla media.

Mentre la crescita boccheggia (0,6% di cui oltre la metà appunto dipendente dal Pnrr e quindi da fattori esogeni destinati a terminare il prossimo anno) e gli stipendi sono fermi. Renzi dice che «una famiglia normale non riesce a sopravvivere con l’aumento del costo della vita e il sostanziale blocco degli stipendi», e non è lontano dal vero.

Ora, se fronteggiare il problema del carovita è complicato, il governo – dice l’opposizione – dovrebbe intervenire su salario e stipendi: e qui Elly Schlein ha buon gioco a chiedere che il Parlamento esamini la proposta del salario minimo orario, che non sarà la panacea di tutti i mali ma sarebbe almeno un piccolo sostegno a chi sta peggio. Il governo non è d’accordo? Ma almeno lasci la parola alle Camere. È l’economia, alla fine, come al solito, a rinfocolare la polemica tra maggioranza e opposizione. Come se non facesse già abbastanza caldo.

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