«Uccidere i giornalisti è uccidere le nostre libertà». È con queste parole che il presidente della Repubblica ha ricordato Giancarlo Siani, il cronista assassinato quarant’anni fa, il 23 settembre 1985, a 26 anni da killer della camorra. Aggiungendo che «quel feroce assassinio è parte incancellabile della storia e della memoria della Repubblica».
«Ricordare il sacrificio della vita di Siani – ha proseguito Mattarella – porta inevitabilmente alla mente i numerosi giornalisti morti perché colpevoli di testimoniare la verità, di raccontare le violazioni del diritto, le aggressioni, le guerre, lo sterminio senza pietà. L’assassinio dei giornalisti è un assassinio delle nostre libertà, di una parte di noi a cui la comunità non intende rinunciare».
Siani fu assassinato per un articolo poco gradito ai clan di mafia e di camorra. Un articolo che ipotizzava – secondo la ricostruzione definitiva dei giudici – il tradimento dei Nuvoletta affiliati alla mafia siciliana di Michele Papa e Luciano Liggio nei confronti di Valentino Gionta, il boss in ascesa di Torre Annunziata. Una ricostruzione, insieme a centinaia di altre inchieste, che decretò la sua condanna a morte.
Quarant’anni non sono pochi, soprattutto per chi muore ragazzo. Ma non sono trascorsi senza memoria, senza che ogni anno molti cittadini e molti colleghi lo abbiano ricordato e ne abbiano scritto. I pochi che lo hanno conosciuto e i tantissimi che, pur non avendolo mai incontrato, lo hanno ri-conosciuto. Il ragazzo coraggioso con il simbolo della pace disegnato sulla guancia. Non come si nasce, ma come faticosamente si diventa. Non come si è, ma come si sceglie di essere ogni giorno. Con difficoltà e anche con paura. Eppure con coerenza.
Giancarlo Siani è stato, è, il giornalismo di cui essere orgogliosi. E anche quello che semplicemente vorremmo e di cui avremmo bisogno; che a ben guardare c’è, seppure nascosto, svilito, affaticato. Lo teniamo con noi, Giancarlo, e non solo negli anniversari tondi. Per non dimenticarlo e per non dimenticare che si può essere così. Come Giancarlo Siani, che con normalità non entra, seppure invitato, nella casa del politico locale.
Che fa domande che nessuno fa in consiglio comunale. Che parla ai ragazzi nelle scuole, assicurando che la speranza c’è: sono loro. Un “giornalista-giornalista” che fa quello che un giornalista può e deve fare: capire e informare. Magari senza morire, questo sì.