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Crosetto presenta il memorandum per la Difesa del futuro

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Proviamo a cambiare le parole: al posto di “guerra” usiamo “difesa” e al posto di “armi” parliamo di innovazione tecnologica. Invece di dire che «la guerra è un grande affare per chi produce armi», proviamo a dire che la sicurezza è un grande affare per tutti. Una scommessa semantica, culturale e industriale. Difficile ma necessaria.
Mentre la Russia “guida” droni armati anche nei confini europei, la Nato dispiega la “Sentinella dell’est”, la più grande operazione di difesa negli ultimi settant’anni sul fronte est dell’Europa, venti di guerra ordinaria e ibrida, soffiano su più fronti, uno «scenario che sta cambiando rapidamente e ci colloca in una fase cruciale della Storia» ha detto il generale Luciano Portolano, capo di Stato maggior della Difesa, l’Italia e l’Europa cercano di riorganizzare la propria difesa non per fare la guerra ma per garantire sicurezza a 450 milioni di cittadini europei e farlo dipendendo il meno possibile dagli Stati Uniti.

Il ministro Crosetto tenta l’operazione che per qualcuno è culturale, per altri solo industriale, per altri ancora è solo maquillage. L’operazione, comunque, merita attenzione. Così ieri mattina lo Stato maggiore della Difesa ha riunito nell’auditorium “Caccia Dominioni” all’interno aeroporto di Centocelle, industria, università, militari e governo (due i ministri presenti, Crosetto e Anna Maria Bernini all’Università e ricerca) per provare a far camminare insieme gli stakeholders, i portatori di interesse, cioè chi può toccare palla e fare gioco in questa situazione, come se fossero una squadra al servizio del paese.

L’esperimento ha otto mesi di incubazione. Ieri mattina aziende come Leonardo, Fincantieri, Mbda Italia (il principale consorzio europeo costruttore di missili e tecnologie per la difesa), Rheinmetall, Egeos (uno dei principali attori internazionali nei servizi satellitari) hanno firmato con università come la Luiss Guido Carli e il Politecnico di Torino un documento (Dichiarazione di intenti) che impegna aziende, università e istituzioni a lavorare insieme per produrre uno «studio divulgativo a connotazione scientifica» che dica cosa serve, cosa l’Italia può produrre e con chi, a quali condizioni, con quali garanzie e quali soldi. Impegno ambizioso ma necessario per uscire dal bla bla bla e dal dice-dice. Anche da certa retorica pacifista come dal rischio, opposto, di una deriva interventista.

Il Forum arriva dopo il grido del ministro Crosetto: «Se ci attaccano non abbiamo mezzi per difenderci». Ieri il titolare della Difesa ha precisato che «la guerra non è vicina e neppure è tra le possibilità che ci siamo posti». Bisogna insomma prepararsi al peggio, pur consapevoli che la guerra è altrove. Ha chiarito che per rispondere alle richieste della Nato, l’Italia è disposta a rafforzare il fianco Est «lasciando per più tempo» i Samp-T (batterie antimissili) già dislocati e gli aerei Caew che fanno controllo radar nella zona. Non ci sono al momento «richieste specifiche» di Eurofighter italiani per la missione Sentinella dell’Est.

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Una vera check list generale invece è stata presentata dal generale Portolano. «Abbiamo proposto al ministro Crosetto una lista preliminare di programmi nazionali basati non solo sulle nostre esigenze capacitive ma anche sulle capacita di produzione dell’industria». Una sorta di lista della spesa che consente all’Italia di rispondere ai piani europei di difesa comune. E che ci consenta di arrivare “preparati” ai tavoli tecnici europei quando saranno convocati. Una delle criticità emerse ieri infatti è che «l’Italia spesso arriva tardi o poco preparata sia dal punto di vista della ricerca che da quello della capacità industriale per non parlare del contesto normativo rispetto ad altri paesi europei». Un gap di vent’anni che per sull’Italia pesa fino all’ultimo minuto dell’ultimo giorno.

La check list è riservata, ovviamente. Ma possibile e realizzabile. Abbiamo il know how, capacità tecniche e di realizzazione. «Dobbiamo creare un ecosistema virtuoso con un obiettivo chiaro come la sicurezza in un mondo che cambia continuamente» ha detto la ministra dell’Università Anna Maria Bernini. Fare in modo fisici, ingeneri e esperti di algoritmi possano lavorare a progetti comuni e non più individuali, ateneo per ateneo. Fare rete. Fare squadra.

Certo, c’è il problema dei finanziamenti. Crosetto non vuol dire quanto è la sua richiesta di budget per i prossimi. Le cifre sono però già note al ministro Giorgetti. «Non è vero che litighiamo, ci darà quello che potrà sapendo che il quadro è quello che è». Il titolo del Forum è “Defence procurement (acquisti per la Difesa): la prospettiva nazionale per una Difesa europea”. Portolano sembra fiducioso. «L’inclusione di questi programmi nel fondo europeo Safe consentirà di favorire il posizionamento dell’industria nazionale sul mercato europeo nell’ottica di sistema difesa contribuendo all’aumento del ritorno sia di know-how nazionale sia di prodotto interno lordo». Sono, al momento, 15 miliardi.

«Ci consentirà di acquisire le capacità di difesa critiche, urgenti e indispensabili e di contribuire ad assolvere alle richieste della Nato senza gravare nell’immediato sul bilancio dello Stato». Le aziende private sono pronte alla sfida. Chiedono chiarezza negli obiettivi, nella programmazione e nei fondi. Intanto Salvini e la Lega precisano con tanto di comunicato: ok a spese ma solo per presidiare confini e strade non per comprare armi da mandare all’estero. Le buone intenzioni del Forum rischiano di fermarsi alla prima curva.

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